lunedì 9 maggio 2016

IL GUFO ILLUSTRA AI LETTORI IL MOTIVO PER CUI IL SINDACO DI LIVORNO DEL M5S DOVREBBE DIMETTERSI

"Il sindaco del M5S di Livorno deve dimettersi??"  è la domanda che circola questi giorni sui giornali.  La risposta del Gufo è secca:  SI'  DEVE DIMETTERSI E SE NON SI DIMETTE LA SUA MAGGIORANZA LO DEVE MANDARE A CASA,  ma non per il fatto che è indagato  (secondo il Gufo fino a quando non arriva almeno la condanna in primo grado di giudizio,  che è un fatto rilevante e pesante,  qualunque politico dovrebbe rimanere al suo posto in ragione di quella  "presunzione di innocenza"  che deve valere per tutti i cittadini,  compresi i politici,  e che è un principio civilissimo e garantista senza il quale una democrazia si trasforma in un regime autoritario,  e chi se ne frega se questa opinione del Gufo non piace ai demagoghi da strapazzo come Marco Travaglio e agli urlatori giustizialisti e forcaioli),   ma per il fatto che ha commesso una gravissima cazzata amministrativa.    Il Gufo riepiloga i fatti principali della vicenda:  il sindaco di Livorno del M5S quando entra nella pienezza dei propri poteri si rende conto che l'azienda municipalizzata che gestisce la raccolta dei rifiuti versa in una situazione di grave deficit di bilancio,   si rifiuta di ripianare il debito e decide di  "portare i libri contabili in Tribunale",   avviando di fatto la procedura fallimentare.   Fino a qui nulla di strano:  la scelta politica del sindaco è discutibile,  ma è una scelta politica  (che rientra nei poteri discrezionali di cui il sindaco ha il diritto di godere e di esercitare con le sue scelte politiche)  e quindi da quel momento in poi gli atti e i comportamenti del sindaco del M5S avrebbero dovuto essere  "coerenti e lineari"  con la sua scelta di avviare una procedura fallimentare.   

La procedura fallimentare  (questo lo sanno anche gli studenti di Ragioneria,  ma evidentemente lo ignora il sindaco di Livorno)  ha due caratteristiche tecniche e giuridiche fondamentali:  la prima caratteristica è che da quel momento non è più il sindaco oppure il consiglio di amministrazione a prendere le decisioni relative alla società che versa in condizioni di dissesto,  ma le decisioni di gestione spettano a un curatore fallimentare in concorso con il giudice delegato a cui è stato affidato il compito di vigilare sulla procedura;   gli amministratori e il sindaco possono prendere e assumere decisioni solo dopo essere stati preventivamente autorizzati a farlo dal curatore e dal giudice delegato,  e solo ed esclusivamente nei limiti precisi fissati dal giudice delegato e dal curatore.    La seconda caratteristica è che nel momento in cui una società è sottoposta a una procedura fallimentare si deve evitare in qualsiasi modo di  "creare nuovo debito e aggravare il dissesto":   l'obiettivo principale della procedura non diventa quello di proseguire l'attività aziendale  (a meno che questo non sia deciso dal giudice delegato al fine di tutelare i creditori dell'azienda)  ma quello di realizzare le attività,  incassare rapidamente i crediti per pagare i debiti nel rispetto della  "par condicio"  tra i creditori della società;   ogni singolo atto deve avere la caratteristica di non creare nuovi debiti  (oltre a quelli già esistenti)  e di non mettere ulteriormente a rischio la possibilità,  per i creditori della società in dissesto,  di essere rimborsati del loro credito.  

Il sindaco,  demagogicamente e al solo fine di  "rimanere a galla"  (a causa delle solite litigate interne al M5S  e  dei soliti  "dissidenti"  espulsi dal Movimento,  la maggioranza in Consiglio Comunale era diventata risicata,  con un solo voto di maggioranza!!!),   praticamente  "messo sotto pressione"  da un consigliere il cui voto era a quel punto decisivo e che minacciava in caso contrario di votare contro al bilancio  (facendo decadere il sindaco e la Giunta),  decideva di stabilizzare e assumere definitivamente 33 lavoratori precari accogliendo la solita demagogica richiesta dei sindacati:  e lo sanno anche i polli che,  quando un'azienda è sottoposta a una procedura di concordato preventivo,  non può assumere nuovo personale fino a quando non ha risanato definitivamente il bilancio pagando i creditori nella percentuale che è stata concordata con il consenso del giudice delegato della procedura.   Assumere nuovo personale significa,  teoricamente,  aumentare il debito dell'azienda ed è quanto meno bizzarro che un tizio che ha  "portato i libri in tribunale"  (per sua stessa ammissione,  l'iniziativa di rivolgersi al giudice è stata del nuovo sindaco!!!)   in pieno svolgimento della procedura ha preso di propria iniziativa questa decisione.   Il sindaco deve dimettersi per una semplice ragione politica e amministrativa che non c'entra nulla con l'esito futuro delle indagini giudiziarie:  gli amministratori pubblici a volte,  di fronte all'emergenza di bilanci disastrosi e in dissesto,  devono avere il coraggio dell'impopolarità di provvedimenti drastici e restrittivi  (qui a Castelli Calepio l'attuale maggioranza,  tirandosi addosso le ire del popolo,  dei consiglieri di minoranza  e  del blog del Gufo,   di fronte all'emersione di un  "disavanzo straordinario da riaccertamento dei residui attivi e passivi"  di oltre due milioni di euro ha deciso di ripianarlo aumentando fortemente le tasse locali)   e  un sindaco che in un momento di bilancio in dissesto  "moltiplica i pani e i pesci"  solo per non tirarsi addosso i sindacati e un consigliere di maggioranza,  dimostra di non avere il coraggio dell'assunzione di responsabilità impopolari e di decisioni gravi,  e di essere quindi un triste replicante di quei  "democristiani della Prima Repubblica"  che hanno portato la nazione Italia alla rovina economica e finanziaria 

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