domenica 4 febbraio 2018

IL GRAVE DECLINO DELLA POLITICA ITALIANA, CHE OSCILLA SEMPRE TRA L'INVADENZA DEI PARTITI E L'ONNIPOTENZA DI "GRANDI CAPI" CHE SI CIRCONDANO SOLO DI SERVITORI E DI GALOPPINI

Nella Prima Repubblica il difetto  e  il marciume era  "il partito"  onnipotente:   l'informazione pubblica televisiva nazionale era lottizzata  (non esisteva solo la spartizione generale di una rete televisiva dominata dalla Democrazia Cristiana,   una rete televisiva dominata dal Partito Socialista  e  la terza rete televisiva nelle mani dei comunisti,    ma anche le stesse assunzioni di personale dipendente  e  di collaboratori vari  -  a partire dai dirigenti generali fino all'ultimo dei galoppini  -  erano in gran parte deliberate in base all'appartenenza del candidato a uno dei tre grandi partiti nazionali),    si creava consenso elettorale con la moltiplicazione dei pani,   dei pesci  e  delle poltrone nella Pubblica Amministrazione  e  negli Enti pubblici,    e  quando tutto ciò non era sufficiente si elargivano  "mance elettorali"  a  destra  e  a sinistra  e  addirittura si mandava gente in pensione a 40 anni di età anagrafica,   avendo sulle spalle  (si fa per dire)  una carriera lavorativa di 15 anni di lavoro  (comprese le assenze per malattia,   per ferie  e  per maternità).    Tutto si decideva nelle segreterie dei partiti,   nelle sedi dei partiti,   e  spesso valeva di più la parola di qualche burocrate di partito che agiva  "dietro le quinte"  e  che non era mai stato eletto da nessuno piuttosto che la parola di politici eletti da centinaia oppure da migliaia di preferenze;    dominavano i  "signori delle tessere"  che a suon di tessere  (spesso e volentieri fasulle)   si comportavano come veri e propri  "referenti del territorio"  quando in realtà dominavano perchè avevano creato una mentalità da clan  e  da clientele grazie alla quale il cittadino doveva rivolgersi al politico non per chiedergli di fare il proprio dovere,   ma solo ed esclusivamente per chiedere favori per sè stesso  e  per i propri parenti  e  amici.     

Nella Seconda Repubblica domina il concetto del  "Grande Capo"  che è per definizione sacro,   illuminato  e  intangibile.    Tutti i  "Grandi Capi"   (da Silvio B.  a  Umberto Bossi,   da Gianfranco Fini  a  Matteo Salvini,    per finire con la coppia Grillo / Casaleggio  e  per ultimo anche con Matteo Renzi  fino  a certi governatori di regione e sindaci che credono di essere la reincarnazione del  "Re Sole"  e  si comportano come veri e propri podestà locali con la frase  "io sul mio territorio sono sovrano")   si sono circondati di veri  e  propri  "cerchi magici",    hanno privilegiato la costituzione di vere e proprie  "claque personali"  in cui i fedelissimi  e  quelli sempre pronti ad applaudire,   a obbedire agli ordini  e  a incensare  venivano costantemente preferiti a quelli intelligenti ma rompiscatole,   a  quelli che a volte erano in grado di ragionare con la propria testa  e  di dire qualche  "NO".     Il  "Grande Capo"  dilaga con promesse demagogiche  e  con slogan elettorali assurdi,    considera sè stesso come  "il salvatore della Patria"  e  l'uomo della provvidenza  e  quindi di conseguenza considera  "traditori"  e  "disertori"  tutti quelli che non la pensano sempre come lui  e  che rifiutano di piegarsi a 360 gradi,    chiede obbedienza proponendosi come  "uomo del Fare"  ma  spesso e volentieri lui per primo si rivela un uomo inconcludente tutto parole e promesse a vanvera  e  zero risultati  e  quando si trova davanti a un problema complesso che richiede soluzioni difficili se ne lava le mani  e  si comporta come un  "Ponzio Pilato"  che scarica su altri il peso di quella decisione impopolare,    considera le persone intelligenti  "un problema"  e  quando accade qualcosa di imprevisto la colpa non è mai la sua ma è sempre dei comunisti,   di quelli che  "remano contro",    del fatto che  "sono circondato da una massa di incapaci"    (magari il trombone che tira fuori questa giustificazione prima di parlare potrebbe azionare cinque minuti il cervello,   e  potrebbe scoprire con sorpresa e con orrore che gli incapaci se li è scelti proprio lui  e  proprio per il fatto che erano incapaci ma obbedienti  e  "fedeli agli ordini"),    si appella sempre al popolo del quale fondamentalmente non gli interessa una mazza  (gli interessa sopra ogni altra cosa mantenere il proprio potere personale  e  la propria poltrona),    in alcuni casi non accetta mai la propria sconfitta elettorale   oppure  il fallimento politico personale  e  quindi sproloquia di  "colpi di Stato"  quando qualcosa non procede secondo la propria volontà,    e  quelli che danno la colpa dei loro errori e di ciò che non funziona all'opposizione   (cioè quasi tutti i demagoghi da strapazzo della Seconda Repubblica)  sono dei veri e propri  "scemi del villaggio"  perchè nessuna persona sana di mente può credere che una minoranza possa avere delle colpe per gli scempi prodotti da una maggioranza oppure addirittura dall'uomo solo al comando.     Il partito della Seconda Repubblica non è più onnipotente ma è evanescente,   è una struttura  "liquida"  perchè il mito e la leggenda del  "Grande Capo"   si costruisce sul fatto che non deve avere in mezzo ai piedi gente che gli fa perdere tempo,   e  quindi procedure,   organi di controllo,    oppositori interni ed oppositori istituzionali sono vissuti con fastidio come quelli che  "rompono le palle".   

In Italia purtroppo,   a tutti i livelli amministrativi  e  politici  (dal livello  "nazionale"  fino al livello più basso),    non si è mai riusciti a trovare la giusta via di mezzo,   il giusto equilibrio tra le due esigenze di decidere in tempi ragionevoli senza rinviare le questioni alle calende greche  e  di evitare di scivolare verso la tentazione imperiale di dare ordini  e  di sapere dire solamente  "comando io e decido io"  con la pretesa di avere davanti a sè solamente dei servitori  e  dei galoppini.     Si oscilla continuamente tra comportamenti da Prima Repubblica  e  servilismo nei confronti di Imperatori,   "Grandi Capi"   e  uomini soli al comando;      si oscilla tra il disinteresse generale dei cittadini per la politica  e  l'incapacità da parte dei partiti  (sia nelle sezioni locali che nelle sedi nazionali)   di selezionare persone serie  e  intelligenti  e  di lasciare a piedi galoppini,   opportunisti  e  spregiudicati avventurieri.     E  allora andiamo avanti a descrivere legislature  (nazionali e locali)   partite tra solenni promesse  e  grandi proclami che si concludono spesso  e  volentieri in farsa  e  in barzelletta,    con l'assurda aggravante che chi ha fatto danni spesso pochi anni dopo viene rimpianto dal popolo  mentre  chi ha tentato di porre rimedio a quei danni creati dall'avventuriero che lo ha preceduto spesso dopo pochi mesi viene criticato come se fosse stato lui a creare quei danni....  

NOTA FINALE DEL POST  -  tutta questa stravaganza italiana è aggravata dall'esistenza,   purtroppo in numero non esiguo nella classe politica,   di uomini di boria arroganti  e  strafottenti che credono di essere coloro che hanno scritto le Tavole della Legge;    e  quindi discutere con loro dopo cinque minuti diventa un esercizio inutile e sterile  (visto che si ha davanti a sè un  "muro di gomma"  convinto di avere sempre ragione).   E'  realmente difficile trovare il giusto equilibrio tra partiti  e  "Grandi Capi",   tra uomini di azione,   uomini di pensiero  e  mediatori;    ma forse sarebbe più facile se venisse a meno almeno una piccola porzione di boria e di arroganza di certi  "uomini della Provvidenza"  che in realtà non sono niente altro che vecchi tromboni della politica 

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