La campagna elettorale di Roma si è conclusa nel peggiore dei modi: il solito tentativo di "assalto giudiziario" contro l'avversaria da parte di qualche Grande Sacerdote del Partito Democratico (come "presunto stratega" questo fenomeno dell'ultimo minuto non ha capito una mazza, ha fatto fare a Virginia Raggi la figura della vittima più che la figura di una "furbetta") al quale Virginia Raggi risponde da consumata politica berlusconiana e democristiana: si rende conto di avere vinto e inizia "a mettere le mani avanti" con la solita frase che un Silvio B. qualsiasi ha pronunciato ininterrottamente per 20 lunghi anni "una volta al governo, 'il sistema ' tenterà di impedirmi con qualsiasi mezzo di governare". Sembra di sentire la mitica teoria del "golpe comunista" contro Silvio B., del mitico "golpe" dei poteri forti europei, dei banchieri di regime, della sinistra, dei magistrati politicizzati, delle "toghe rosse". La "furbetta" Virginia, della quale il Gufo ha l'impressione che sia una delle tante "arriviste" baciate dalla fortuna (si sono trovate nel momento giusto al posto giusto, hanno avuto l'occasione in modo inaspettato, l'hanno saputa sfruttare più per demeriti degli avversari che per meriti propri), molto diversa dalla bravissima Chiara Appendino (la torinese candidata sindaco del M5S è la classica piemontese molto più preparata della Raggi, con un "curriculum vitae" solido, nessuno si è mai sognato di accusarla di nulla, e si propone con maggiore umiltà e praticità, senza eccedere in demagogia), ha capito al volo la sua situazione: del mitico "sistema" contro cui ha sparlato in campagna elettorale tra poco farà parte (attiva e ben retribuita) anche lei, e inizia a capire che la missione è difficile e conviene, dal punto di vista politico, iniziare già da adesso ad accampare scuse per le eventuali promesse elettorali tradite che finiranno nel cestino della carta straccia. "IL SISTEMA" non saranno più solo i partiti marci e corrotti, ma sarà anche lei insieme ai nuovi assessori e ai nuovi consiglieri di maggioranza (gli stipendi mensili di un sindaco di Roma e dei suoi assessori sono nettamente superiori agli stipendi normali dei cittadini "semplici", quindi questi governanti sono visti a ragione oppure a torto dal popolo come "dei privilegiati"): se governerà bene sarà il volto buono del "sistema", la parte migliore del "sistema", mentre se governerà male non potrà più scaricare colpe e responsabilità sugli altri. Il giochino dell'oppositore a vita prima o poi finisce, e la politica attiva - per chi vuole partecipare in prima persona, nessuno ti obbliga a farlo, nessuno ti obbliga a candidarti sindaco - prima o poi ti dice: O.K. gli altri erano una massa di ladroni e di incapaci, adesso tocca a te dimostrare che sei diverso e migliore di loro. In quel momento capisci che le promesse facili, gli slogan a sorpresa e le fanfaronate cedono lo spazio a una frase cattiva, brutta e sporca: "governare la capitale di una grande nazione occidentale significa a volte mediare e scendere a compromessi con gli altri, con i mitici 'poteri forti', con 'il sistema' marcio e corrotto per definizione". Governare la capitale di una grande nazione significa innanzitutto essere consapevoli che da quel momento sei una delle persone più potenti della nazione, che ogni minimo "scivolone" non viene più perdonato (ne sa qualcosa il galantuomo Ignazio Marino, impallinato brutalmente non perchè disonesto ma perchè autore di troppe gaffes, di troppe dichiarazioni pubbliche imprudenti e di troppe figure imbarazzanti), ma soprattutto si deve essere consapevoli che se si inizia il mandato "mettendo le mani avanti" contro i misfatti del sistema e contro le malefatte del Partito Democratico che farà di tutto per impedirle di governare (nel momento in cui si è candidata la Raggi sapeva benissimo che non troverà una situazione "rose e fiori" ma un macello organizzativo e burocratico e una situazione di caos quasi ingovernabile) si inizia molto male, facendo la figura della replicante di un Silvio B. qualsiasi con la differenza che Silvio B., nelle sceneggiate teatrali e nell'atteggiarsi a vittima di complotti "comunisti" reali e presunti, era il numero uno
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