E' domenica, fa caldo, la politica locale ha "chiuso per ferie" e improvvisamente il Gufo prende una decisione strana: quella di intrattenere il popolo dei fedeli lettori del blog raccontando una parabola. Il Gufo è un laureato in Economia e Commercio e un impiegato amministrativo, non è un celebrante religioso e nemmeno un teologo quindi la parabola avrà un argomento di natura economica
"In una piccola cittadina italiana situata in riva a un lago esisteva una società per azioni di medie dimensioni, non quotata in Borsa, che operava da diversi anni nel settore delle costruzioni e dell'edilizia pubblica, la società produceva immobili di media qualità ma erano immobili a prezzi di mercato convenienti, e soprattutto immobili non bellissimi esteticamente ma funzionali e sicuri per le esigenze dei cittadini del ceto medio di quella zona geografica. Il nuovo proprietario era facoltoso e ambizioso, ed era talmente pieno di fiducia in sè stesso che negava la crisi economica internazionale più devastante dal dopoguerra, aveva raccolto una squadra di fedeli azionisti, aveva nominato un capogruppo del c.d.a. e un amministratore delegato che era responsabile della gestione del settore finanziario, bancario e del Bilancio della società; a sua volta l'amministratore delegato aveva assunto un esperto e valido ragioniere a cui affidare compiti esecutivi. Il proprietario e il presidente del c.d.a. erano fuori dalla realtà, arroganti e ambiziosi; progettavano la costruzione di immensi palazzi e di strade, di edifici scolastici e di nuove abitazioni di lusso; il proprietario arringava il popolo con annunci sensazionali di eventi miracolosi dai giornali e dalla televisione, e il popolo applaudiva. Completava il siparietto il solito giornalista rompiscatole (e un po' 'gufo', come direbbe il giovane chiacchierone fiorentino) che descriveva la realtà svolgendo quotidianamente il suo compito da rigido cronista, la quale naturalmente non era trionfale come solennemente proclamato dal proprietario della società, ma il giornalista solitario qualche volta era vittima di scherzi ed era stato isolato dal resto del mondo.
Una sera estiva l'amministratore delegato fece una strana scoperta: esisteva un grosso 'buco di bilancio', dovuto in gran parte al solito verbale di contestazione di qualche irregolarità fiscale pregressa da parte della Guardia di Finanza e a crediti inesigibili verso clienti che si erano accumulati da anni e che, pur singolarmente di piccolo importo, erano diventati un macigno molto duro e pesante che rischiava di provocare un tracollo finanziario improvviso e devastante per il bilancio della società. Il proprietario fanfarone cadeva dalle nuvole e veniva riportato improvvisamente alla realtà, ma non si è scoraggiato: ha ordinato all'amministratore delegato di provvedere a ripianare i debiti. L'amministratore delegato si è messo all'opera: aumento dei prezzi degli immobili venduti ai clienti, qualche doloroso taglio alle spese, lavori in economia e azioni di recupero dei crediti pregressi inesigibili. L'amministratore fu bravo e anche fortunato: la società aveva una partecipazione azionaria in una banca che proprio in quel momento iniziava a distribuire dividendi, e un contributo straordinario da parte dello Stato fece entrare in cassa una somma imprevista ma decisiva per raddrizzare il bilancio. Naturalmente i clienti e il popolo si erano incazzati, la festa era finita e i prezzi degli immobili erano aumentati. Anche il giornalista si era incazzato contro il proprietario e anche contro l'amministratore delegato: fino alla sera stessa in cui l'amministratore aveva preso questi provvedimenti, il proprietario giulivo e fanfarone continuava a fare festa e ad arringare il popolo dicendo 'non preoccupatevi va tutto bene'. Gli altri azionisti (compreso il capogruppo del c.d.a.) si defilavano e invece di sostenere l'amministratore delegato e il ragioniere tacevano, oppure dicevano (sotto voce) 'non è colpa nostra se la festa è finita, è colpa dell'amministratore che ha aumentato i prezzi degli immobili'. Qualcuno diceva anche 'è colpa del giornalista rompiscatole che, insieme a un suo amico comunista, invece di dire al popolo che va tutto bene ha descritto la realtà dei fatti elencando i numeri nudi e crudi del bilancio della società'.
Dopo un anno di stillicidio, si doveva trovare un colpevole da gettare in pasta al popolo che era ancora incazzato per l'aumento dei prezzi degli immobili. Tentarono inizialmente di far dimettere il vice presidente, che aveva litigato con alcuni azionisti, ma poi per sua fortuna riuscì con grande abilità a riappacificarsi con gli azionisti con i quali aveva litigato e riuscì a mantenere la propria carica all'interno dell'organigramma della società. Fu scelto il più quieto e il più silenzioso degli azionisti, uno che per il buco improvviso nel bilancio della società non aveva nessuna colpa, ma che era il 'perfetto capro espiatorio' da offrire in pasto alla folla: non urlava mai, era sempre molto silenzioso, aveva accettato la condanna con sano spirito di rassegnazione, non perchè fosse convinto che la sua condanna era giusta, ma solamente per evitare la continuazione della rissa tra gli azionisti e per 'salvare la baracca'. Fino alla sera prima delle sue dimissioni volontarie il presidente della società aveva annunciato al popolo che non avrebbe mai sacrificato il suo azionista più moderato, ma una notte il proprietario cambiò idea e cedette alla tentazione di offrire in pasto al popolo incazzato un agnello sacrificale. L'azionista tranquillo fu espulso dal c.d.a. e sostituito con un altro azionista un po' meno tranquillo, ma gli azionisti continuavano a litigare tra di loro (uno degli azionisti più vecchi della società era un rompiscatole, mentre dietro le quinte da anni agiva purtroppo non in silenzio un tizio che pur non essendo un azionista pretendeva di comandare più degli azionisti senza mai metterci la faccia davanti al popolo). Serviva un secondo 'capro espiatorio' da offrire in pasto al popolo (che, sobillato dal giornalista rompiscatole e dal suo amico comunista, era ancora incazzato) ma prima che il presidente trovasse una nuova vittima, a sorpresa arrivarono le dimissioni dell'amministratore delegato: aveva esaurito il suo compito e risanato il bilancio, ma invece del ringraziamento e della riconoscenza da parte dei suoi colleghi del c.d.a. era stato costretto per un anno a subire critiche sotto banco, proteste e lamentele per futili motivi, battute maschiliste che non facevano ridere, ed era costretto a 'metterci sempre una pezza' per riparare i danni delle fanfaronate del presidente e del capogruppo del c.d.a. che continuavano senza tregua a promettere la costruzione di grandi palazzi e di strade, a spendere e a spandere in banchetti e spettacoli da organizzare per ottenere l'applauso del popolo. Il giornalista solitario continuava a scrivere e l'amministratore delegato aveva fatto amicizia con il giornalista e con l'amico comunista del giornalista, facendo sentire il giornalista meno solo. Adesso, buttati fuori tutti i rompiscatole (il giornalista è stato spedito in esilio all'estero e per sua fortuna l'amico comunista lo ha ospitato offrendogli un tetto e un piatto di pastasciutta al ragù di cervo, l'amministratore delegato se ne è andato via 'da vigliacco' sbattendo la porta e accusato da alcuni azionisti rimasti in società di essere stato sobillato dal giornalista e dall'amico comunista, il presidente aveva deciso di non nominare un altro amministratore e di prendere in mano la cassa e la gestione finanziaria e del Bilancio della società) la festa può finalmente ricominciare, insieme ai grandi e solenni annunci di costruzione di grandi palazzi e di nuove strade che non si faranno mai, ma si può riprendere a spendere e spandere in spettacoli per il popolo e la storia ricomincia di nuovo dall'inizio".
Il popolo a questo punto chiede al Gufo "la parabola finisce qui?" e il Gufo risponde "no cari amici, la parabola non finisce qui perchè nonostante sono stati gettati in pasto al popolo addirittura tre 'capri espiatori' (l'azionista tranquillo che si è dimesso, l'amministratore delegato che si è dimesso, il giornalista che è stato esiliato all'estero) il proprietario della società continua a dire al popolo che 'va tutto bene' e a promettere grandi palazzi e strade irrealizzabili, mentre gli altri azionisti continuano a litigare tra di loro, e il popolo dopo aver pagato il pesante salasso economico dell'aumento dei prezzi degli immobili è sempre più incazzato (la festa è finita e gli spettacoli scarseggiano) e inizia a mettere in dubbio la credibilità delle promesse del presidente fanfarone. Non esiste più pace in quella società, e qualcuno ha deciso di vendicarsi con il crudele giochino del 'tiro al piccione e del gioco al massacro' contro il proprietario con la classica tecnica di farlo bollire a fuoco lento: nelle ultime riunioni degli azionisti è iniziato il lento e inesorabile stillicidio delle 'assenze improvvise' di qualche singolo azionista che la sera stessa annuncia di avere impegni e si defila, hanno scoperto che esistono i mitici 'motivi personali' che sono la soluzione a tutti i mali (nulla è più bello ed entusiasmante che tirare fuori dal cilindro, a sorpresa, il classico mal di testa, il mal di pancia, l'impegno urgente di lavoro, il problema domestico, le ferie all'estero, magari prima o poi qualcuno dirà che la propria gatta quella sera aveva fame: esiste solo la tua versione personale a dimostrare l'esistenza e la gravità reale del 'motivo personale', e nessuno potrà contestare quello che hai detto), qualche altro azionista passava informazioni al giornalista chiacchierone che continuava a scrivere anche dal suo esilio all'estero e il proprietario della società era sempre più incazzato, colpito a sorpresa dal 'fuoco amico' e dal 'fuoco nemico' dei cecchini del popolo e dei comunisti, non riusciva a capire chi era il nemico del popolo che aveva organizzato tutto questo complotto e diceva 'non mi lasciano lavorare' e aggiungeva anche 'nel c.d.a. si deve amministrare e non chiacchierare a vuoto, si accettano solo consigli e suggerimenti e non si accettano critiche'. Qualcuno più ardito degli altri aveva osato organizzare una sottoscrizione tra il popolo per protestare contro l'aumento del prezzo degli immobili e contro le promesse irrealizzabili del proprietario della società, anche il giornalista solitario aveva messo la propria firma, ma il proprietario aveva detto che considerava 'carta straccia' le firme raccolte dal comunista provocatore amico del giornalista". A questo punto il Gufo "domenicale" congeda il popolo dei suoi fedeli lettori con una semplice raccomandazione: ricordatevi che anche nelle parabole assolutamente piene di fantasia e di immaginazione come questa esiste un piccolo sottofondo di verità (il Gufo ci tiene infatti a precisare, con la classica formula burocratica dello scrittore solitario, che "i fatti descritti in questa novella e in questa parabola sono di pura fantasia e quindi ogni riferimento a fatto realmente accaduto è puramente casuale e non dipende dalla volontà del Gufo, che voleva solamente esprimere una massima di vita generica e non un giudizio su fatti eventualmente accaduti nella realtà quotidiana"), ricordatevi che questa è solo una novella per intrattenervi la domenica senza parlare dei soliti argomenti triti e ritriti, e per chiudere in bellezza il Gufo vi anticipa il finale della storia prevedendo che gli azionisti litigiosi continueranno a scannarsi l'uno contro l'altro per decidere chi deve comandare (tutti questi azionisti fatui e vanitosi volevano la loro parte di potere), che gli azionisti più seri stanchi di ascoltare fanfaronate e fatue promesse continueranno nel giochino crudele del 'tiro al piccione' per fare bollire a fuoco lento il proprietario della società con qualche improvvisa assenza 'strategica' dovuta ai soliti 'motivi personali' che ormai sono diventati la formula rituale che giustifica tutto e tutti, e che prima o poi sarà il proprietario che tra sorpresa generale, stanco di essere crudelmente 'bollito a fuoco lento' dai traditori del popolo che non credono ai suoi miracoli, rovescerà il tavolo e manderà tutti a casa sciogliendo il c.d.a., in attesa che la società possa essere acquistata da un nuovo proprietario e gestita da un nuovo c.d.a. magari meno pittoresco, un po' più serio e meno litigioso dell'attuale c.d.a., e magari alla fine il nuovo proprietario e il nuovo c.d.a. faranno tornare dall'esilio all'estero il giornalista rompiscatole che in tutta questa vicenda, incurante della clamorosa successione degli eventi e delle continue sorprese, ha continuato a scrivere rigidamente le sue cronache e a informare il popolo di quello che accadeva all'interno della società
Orpo, sei diventato un Gufo Evangelico, ora scrivi pure parabole. Però è bellina, dai, anche se è una parabola del tutto irreale e fantasiosa.
RispondiEliminaInfatti il Gufo ha precisato nel testo del post che è una parabola di pura fantasia, anche se in realtà le parabole hanno sempre un fondo di verità, ed è del tutto casuale e indipendente dalla volontà del Gufo che esista qualche remota somiglianza tra alcuni fatti della parabola e le vicende politiche di un ameno paesello facente parte della ricca Regione Lombardia. Di solito le parabole sono chiuse dalla frase CHI HA ORECCHI PER INTENDERE, INTENDERA' e quindi il Gufo è praticamente certo che alcuni spiritosi politicanti fanfaroni, esibizionisti e spregiudicati leggendo la parabola si renderanno conto che hanno tirato troppo la corda e rischiano di rimanere impiccati... ma qui il Gufo forse è troppo ottimista, loro i social network non li leggono...
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