Il giovane Gufo, nei cinque anni dal 1993 fino al 1998, fu un "piccolo scalatore" che in estate le sue ferie le dedicava ai mini tour di trekking, zaino in spalla e notti trascorse in rifugi di alta quota semplicemente meravigliosi per l'altissima qualità dei servizi offerti e per la cucina straordinaria. Due mini tour di trekking delle Orobie bergamasche (Orobie Orientali e Orobie Occidentali), il mini tour di trekking dell'Adamello in Provincia di Brescia, il mini tour semplicemente straordinario del "Giro del Confinale" in Provincia di Sondrio (durante il quale il Gufo ha toccato il punto più alto delle sue "piccole scalate", a quota 3.269 metri del "Rifugio Casati", che funge spesso da base per la mitica scalata alla vetta più elevata del Gruppo Ortles - Cevedale, raggiunto dal Gufo nelle prime ore di un pomeriggio molto freddo in cui imperversava un incredibile nebbione di alta montagna) e il mini tour delle Stubaier Alpen in Austria: il giovane Gufo nelle sue piccole scalate ha raggiunto rifugi dai nomi prestigiosi come il Rifugio Brunone, il Rifugio Tagliaferri oppure il Rifugio Benigni nelle Alpi Orobie, il Rifugio Garibaldi nell'Adamello, il Rifugio Quinta Alpini e il Rifugio Casati in Provincia di Sondrio, e il Rifugio "Dresdner Hutte" in Austria nel mini tour delle Stubaier Alpen. Nelle sue scalate il giovane Gufo ingrassava con clamorose abbuffate nelle eccellenti cucine dei rifugi, scattava fotografie, si trastullava vicino ai laghetti di alta montagna; le sue camminate furono bruscamente interrotte nella tappa più facile, quasi priva di difficoltà, nell'anno 2000 quando poco dopo aver raggiunto la caserma della Guardia di Finanza presso la "Vetta d'Italia" nella Valle Aurina (sul confine tra Italia e Austria) una giornata incandescente di metà agosto con sole a oltre trenta gradi aveva bollito il povero Gufo, che vittima di una grave insolazione fu stroncato da un crollo fisico improvviso (in realtà il Gufo già nella tappa precedente si sentiva stranamente stanco e debilitato) e riuscì con immensa fatica e con grande difficoltà a scendere verso il paesello, rinunciando a raggiungere il rifugio di alta quota e interrompendo il mini tour di trekking della Valle Aurina.
Il Gufo aveva corso un grave rischio a una quota non impossibile, oltre i 2.000 metri, ma era una bazzecola per un Gufo "di alta quota" che nel 2008 era comodamente transitato a quota 3.269 metri del "Rifugio Casati" in condizioni di tempo quasi proibitive, gli ultimi 30 minuti in salita quasi completamente privi di visibilità (che si riduceva a pochi metri) a causa di un nebbione fortissimo. Questa premessa personale introduce il significato del post serale del Gufo, che non può fare altro che dare ragione a Reinhold Messner (il più grande alpinista italiano della storia delle scalate dei mitici "Ottomila", con le sue incredibili scalate senza ossigeno su vette difficilissime come quella del Monte Everest) quando l'alpinista altoatesino, commentando in un articolo di fondo sulla "Gazzetta dello Sport" la tragica morte per congelamento di due scalatori rimasti uccisi dal freddo a quota 4.000 metri mentre scalavano il Monte Cervino, ha sostanzialmente detto che chi non vuole correre il rischio di morire in montagna non deve eseguire queste scalate. La montagna, secondo Reinhold Messner (ma nel suo piccolo anche il Gufo ne ha avuto una piccola esperienza), nelle quote elevate oltre i 2.000 - 3.000 metri è il Regno della Natura, dominato dalle Regole della Natura: l'uomo è chiamato ad affrontare la scalata rispettando regole minime di prudenza che riducono i rischi più gravi, utilizzando attrezzature tecniche e un abbigliamento idoneo alla scalata, mettendo in sicurezza e attrezzando i sentieri, evitando di avventurarsi inutilmente nei momenti in cui le condizioni del tempo registrano improvvisi peggioramenti, evitando di sovraccaricare lo zaino con tutto quello che non è necessario e indispensabile, ma anche dopo aver messo in pratica queste regole sagge di prudenza, l'Uomo non avrà mai il dominio completo delle Regole della Natura e della Montagna, e la Montagna (con le sue Regole della Natura millenarie e inflessibili) avrà spesso l'ultima parola sulla volontà dell'Uomo. L'Uomo è "uomo" e non ha poteri divini di controllo assoluto su qualsiasi situazione: e 20 anni dopo la drammatica tragedia del Monte Everest (nella quale hanno perso la vita cinque alpinisti, tra i quali due guide alpine di grandissima esperienza internazionale come il neozelandese Rob Hall e l'americano Scott Fischer), questa tragedia italiana della morte per assideramento di due scalatori a quota 4.000 metri del Monte Cervino ci riporta drammaticamente alla realtà di una Montagna che per l'ennesima volta ha imposto, nel modo più duro e anche più irreparabile, le sue regole di natura nei confronti dell'uomo che tentava la scalata
Il Gufo aveva corso un grave rischio a una quota non impossibile, oltre i 2.000 metri, ma era una bazzecola per un Gufo "di alta quota" che nel 2008 era comodamente transitato a quota 3.269 metri del "Rifugio Casati" in condizioni di tempo quasi proibitive, gli ultimi 30 minuti in salita quasi completamente privi di visibilità (che si riduceva a pochi metri) a causa di un nebbione fortissimo. Questa premessa personale introduce il significato del post serale del Gufo, che non può fare altro che dare ragione a Reinhold Messner (il più grande alpinista italiano della storia delle scalate dei mitici "Ottomila", con le sue incredibili scalate senza ossigeno su vette difficilissime come quella del Monte Everest) quando l'alpinista altoatesino, commentando in un articolo di fondo sulla "Gazzetta dello Sport" la tragica morte per congelamento di due scalatori rimasti uccisi dal freddo a quota 4.000 metri mentre scalavano il Monte Cervino, ha sostanzialmente detto che chi non vuole correre il rischio di morire in montagna non deve eseguire queste scalate. La montagna, secondo Reinhold Messner (ma nel suo piccolo anche il Gufo ne ha avuto una piccola esperienza), nelle quote elevate oltre i 2.000 - 3.000 metri è il Regno della Natura, dominato dalle Regole della Natura: l'uomo è chiamato ad affrontare la scalata rispettando regole minime di prudenza che riducono i rischi più gravi, utilizzando attrezzature tecniche e un abbigliamento idoneo alla scalata, mettendo in sicurezza e attrezzando i sentieri, evitando di avventurarsi inutilmente nei momenti in cui le condizioni del tempo registrano improvvisi peggioramenti, evitando di sovraccaricare lo zaino con tutto quello che non è necessario e indispensabile, ma anche dopo aver messo in pratica queste regole sagge di prudenza, l'Uomo non avrà mai il dominio completo delle Regole della Natura e della Montagna, e la Montagna (con le sue Regole della Natura millenarie e inflessibili) avrà spesso l'ultima parola sulla volontà dell'Uomo. L'Uomo è "uomo" e non ha poteri divini di controllo assoluto su qualsiasi situazione: e 20 anni dopo la drammatica tragedia del Monte Everest (nella quale hanno perso la vita cinque alpinisti, tra i quali due guide alpine di grandissima esperienza internazionale come il neozelandese Rob Hall e l'americano Scott Fischer), questa tragedia italiana della morte per assideramento di due scalatori a quota 4.000 metri del Monte Cervino ci riporta drammaticamente alla realtà di una Montagna che per l'ennesima volta ha imposto, nel modo più duro e anche più irreparabile, le sue regole di natura nei confronti dell'uomo che tentava la scalata
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