Gli storici liquidano in modo molto semplice la vicenda di Caligola, Imperatore di Roma dal 37 d.C. fino al 41 d.C. nei quattro anni più turbolenti della dinastia di Cesare Augusto e dei suoi successori. Caligola sale in giovanissima età al trono, i primi sei mesi governa in modo equilibrato e serio, poi una forte malattia mentale lo colpisce duramente al punto che per alcuni mesi non è in grado di governare. Quando si riprende dalla malattia mentale, Caligola è completamente trasformato e inizia a dilapidare il patrimonio statale in sperperi assurdi e in una vita dissoluta, diventa un monarca autoritario instaurando il culto della personalità, si comporta in modo stravagante e commette numerosi delitti, è un folle e la dimostrazione pratica della sua follia mentale è l'assurda decisione di nominare senatore di Roma il suo cavallo Incitatus. In teoria la spiegazione degli storici è semplice, ma il Gufo va oltre le semplici apparenze e ricostruisce la vicenda di una personalità che invece fu molto più complessa e originale rispetto a quella che fu descritta in modo assai sbrigativo e veloce.
Il Gufo ricostruisce il contesto del famoso episodio, e trova niente affatto sorprendente il fatto che quell'episodio fu una decisione ''lucidissima'' e non certo quella di un ''matto''. Caligola dopo la malattia aveva certamente perduto la pienezza delle sue condizioni fisiche e mentali ed era convalescente, ma la vera amarezza fu probabilmente quella di prendere atto che durante la sua lunga assenza si erano registrate le solite ''manovre sotto banco'' per verificare se era possibile esautorare l'Imperatore dalla sua carica e prendere il potere con qualche manovra di Palazzo. L'Imperatore in realtà aveva iniziato fin dall'inizio della sua carica una guerriglia sotterranea contro il Senato, perchè nella sua indole era ben chiara la decisione di instaurare un regime ''personale'' autoritario, populista e demagogico e quindi il Senato che faceva spesso ostruzionismo per rallentare i propri provvedimenti amministrativi fu individuato come un organo che ''remava contro''. La nomina del cavallo a senatore non fu una follia ma una vera e propria sfida con cui l'Imperatore voleva umiliare il Senato e togliersi dai piedi un organo che ostacolava i propri progetti ambiziosi di potere. Caligola infatti convoca l'assemblea e prima di procedere alla nomina legge in aula un discorso, nel quale elenca una serie di accuse ai senatori. Li accusa di essere opportunisti, attaccati ai privilegi di Casta e di essere al tempo stesso una istituzione decaduta, di infimo livello. La nomina del cavallo a senatore, secondo la provocazione di Caligola, ''aumenterà il livello molto infimo di questo consesso'' e non si limita alla nomina, ma chiede al Senato di ratificare questa decisione. Ovviamente il Senato ratifica, per timore di reazioni inconsulte da parte di Caligola, e i senatori più servili e opportunisti interessati solo a mantenere la poltrona e i privilegi arrivano al punto realmente imbarazzante di applaudire questa sciagurata e provocatoria decisione.
Dopo una delle sue molte stravaganze, Caligola esce dall'aula del Senato e un calzolaio immigrato di origine della Gallia ha il coraggio di fare quello che un esercito di servitori e di opportunisti non pensa nemmeno, ossia di rivolgergli una critica pubblica davanti al popolo e di dire che l'Imperatore si comporta ''come un matto''. Il popolo si aspetta che l'Imperatore impartisca l'ordine ai suoi pretoriani di arrestare e trascinare via a forza il calzolaio ''ribelle'', ma incredibilmente e tra la sorpresa generale l'Imperatore si avvicina sorridendo al calzolaio e gli dice ''hai ragione, probabilmente sono un matto, ma non credere che i miei sudditi valgono più di me''. Poi aggiunge davanti a una folla incredula, per dare una spiegazione al calzolaio della sua affermazione, che se i suoi sudditi valevano qualcosa avrebbero già da tempo trovato il modo di disfarsi di lui con una ribellione oppure organizzando una congiura di Palazzo, invece tutti i giorni davanti al suo ufficio si creavano lunghe code di ''potenti'' talmente opportunisti e servili che facevano a gara per chiedergli in ginocchio favori personali e per baciare la mano all'Imperatore. Caligola trasformò anche questo secondo episodio, esattamente come quello della nomina del proprio cavallo alla carica di senatore, in una straordinaria occasione di propaganda nella quale dimostrava al popolo che accettava con ironia le critiche di un umile calzolaio immigrato che aveva dimostrato più coraggio rispetto alla Casta che non era niente altro che un codazzo inutile e inconcludente di servitori, di piaggiatori e di opportunisti. In fondo Caligola, con quasi duemila anni di anticipo rispetto a Benito Mussolini, faceva propria la famosa frase ''in mezzo a un popolo di servitori, io non potevo fare niente altro che comportarmi da padrone''.
Era uno stravagante demagogo e certamente fu un Imperatore autoritario che voleva instaurare un regime basato sul culto della personalità dell'Imperatore, ma Caligola considerato da tutti ''matto'' aveva capito che nel Palazzo la sua immagine era ormai compromessa dalla malattia mentale, e che se voleva conservare il proprio potere doveva umiliare i potenti a partire dal Senato in modo da ottenere il favore e il consenso del popolo. Grandi spettacoli pubblici furono organizzati a prezzi popolari per attirare il pubblico con la presenza di un gran numero di spettatori e andare avanti con questa politica spregiudicata ma abile di ricerca del consenso popolare, e in questo l'abilità di Caligola fu quella di approfittare del ''tesoretto'' finanziario lasciato dall'abile amministratore Tiberio che era il suo predecessore e di finanziare il debito che aumentava in modo esponenziale stampando moneta locale. Non era un ''matto'', era sicuramente stravagante ma anche scaltro e furbo come tutti i demagoghi, e sarebbe resistito al potere altri anni se non si fosse imbattuto nel 41 d.C. in un prefetto dei pretoriani permaloso. Cassio Cherea infatti non aveva il minimo senso dell'umorismo ed era arrogante e pieno di sè, l'Imperatore purtroppo per lui ebbe la pessima idea di applicare anche nei confronti del prefetto dei pretoriani il suo metodo tradizionale di continue provocazioni e di feroci prese in giro, ma il permaloso Cassio a un certo punto perse rapidamente la pazienza e siccome era un militare armato e non un senatore trombone e opportunista, riuscì a organizzare una congiura attirando dalla sua parte quel numero non esiguo di soldati che ne avevano piene le tasche di questo regime di continue stravaganze personali e attirò Caligola in una imboscata militare, liberandosi fisicamente di lui e ponendo fine al breve regno dell'Imperatore ''matto'' che aveva nominato senatore il proprio cavallo
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