domenica 14 luglio 2019

14 LUGLIO 1789, IL PIU' SPAVENTOSO MACELLO DELLA STORIA DI FRANCIA FU CAUSATO DALLA DESTITUZIONE DI UN MINISTRO CHE VOLEVA TASSARE I NOBILI E IL CLERO

14 LUGLIO 1789.    Erano i giorni in cui iniziava in Francia il più spaventoso macello  e  la più drammatica mattanza che sia mai stata consumata all'interno di quella nazione,   il giorno in cui di fatto ha avuto inizio la Rivoluzione Francese,   quando la prima testa di un  "potente intoccabile"  (il comandante Bernard Renè Jourdan De Launay,    marchese che era a capo della guarnigione incaricata di presidiare la Fortezza della Bastiglia)   fu decapitata dopo il linciaggio da parte della folla degli insorti di colui che in quel momento era  "il simbolo del potere e dell'oppressione",    e  che quindi era detestato più della stessa famiglia reale  e  dei nobili della Corte di Versailles.    La più grande rivoluzione della storia europea ha inizio per una questione di tasse,   per una manovra finanziaria  "lacrime e sangue":   dopo i primi disordini a Parigi  e  dopo i primi segnali di grave malcontento del popolo nei confronti della famiglia reale  e  dei nobili della Corte,   il Re non solo aveva concesso la convocazione degli  "Stati Generali"   (l'assemblea che era formata da esponenti della Nobiltà,   del Clero  e  del  "Terzo Stato"  che era la definizione sprezzante del popolo di Parigi)  ma cedendo e  "calando le brache"  di fronte alla pressione del popolo aveva accettato di nominare come Ministro delle Finanze Jacques Necker,   un economista di idee rivoluzionarie  e  giacobine che era inviso alla Nobiltà  e  al Clero  e  che era invece molto popolare tra le periferie parigine.    Gli eventi precipitarono in data 11 luglio:    siccome Necker aveva trovato le casse statali in grave crisi finanziaria,   propose la solita manovra  "lacrime e sangue"  ma con la variante che ai sacrifici intendeva far partecipare non solamente il popolo,   ma anche la Nobiltà  e  il Clero con l'introduzione di tasse sulle ricche proprietà dei nobili e della Chiesa,   e  queste proposte ovviamente gli costarono la poltrona.    Pressato da coloro che non avevano la minima intenzione di sentire parlare di  "sacrifici"  e  di mettere mano al portafoglio  (ossia gli esponenti della Nobiltà  e  del Clero),   il Re non vedeva l'ora di disfarsi di quel ministro che gli era stato  "calato dall'alto"  sotto la pressione popolare;   e  in data 11 luglio 1789  la folla  (informata  e  arringata dall'avvocato Maximilien de Robespierre  e  dai giustizialisti come  Louis Antoine Leon de Saint Just,   il capo dei giacobini rivoluzionari)   venne a conoscenza del fatto che il Re aveva destituito il ministro delle Finanze Jacques Necker,   congedandolo dall'incarico  e  sostituendolo con uno dei  "soliti noti"  che intendeva mantenere lo  "status quo"  e  conservare i privilegi. 

Per quanto possa sembrare assurdo,   gli eventi dei tre giorni successivi a quella sciagurata  e  drammatica decisione del Re  e  della sua cricca di cortigiani,    totalmente incapaci di valutare la direzione in cui rischiavano di precipitare gli eventi  e  chiusi nei loro Palazzi  (quindi insensibili a tutto ciò che accadeva fuori,   in quanto per loro si trattata di una realtà che non si erano mai sforzati di conoscere e di capire),    sono di secondaria importanza perchè tutto ha avuto inizio per causa della destituzione di un ministro  "impopolare".     La costituzione della Milizia Cittadina,   l'assalto all'Hotel des Invalidès nel tentativo di procurarsi armi  e  munizioni per il successivo assalto alla Fortezza della Bastiglia,    il tradimento di alcuni soldati della guarnigione che di fronte agli insani progetti del suo comandante  (che in pieno delirio di onnipotenza perchè pressato dalla folla che assaltava la fortezza minacciava di farsi saltare in aria,   sè stesso insieme a tutti gli occupanti della Fortezza,   con la polvere da sparo in modo da provocare una strage,    perchè preferiva il martirio eroico piuttosto che una triste e ingloriosa fine come quella che gli sarebbe toccata  "in collo"  dopo la decisione di abbassare il ponte levatoio  e  di fare entrare la folla ad espugnare la Fortezza)   e  alla fine la  "presa della Bastiglia"   con gli orrendi episodi di giustizia sommaria da parte degli insorti,   che linciarono  e  poi decapitarono il comandante De Launay  e  sterminarono anche la guarnigione svizzera che era a difesa della Fortezza,    non furono niente altro che la conseguenza  (purtroppo prevedibile)   dell'ultimo  "sfregio"  di una Casta ormai insensibile  e  autolesionista.    Dopo l'infelice frase della Regina che diceva che se il popolo non aveva a disposizione il pane  bisognava provvedere a sfamare la gente con le brioches,    l'ultimo atto di arbitrio,   quello fatale che cambiava per sempre il corso degli eventi storici in Francia fino a precipitare verso il crollo della Monarchia  e  l'avvento al potere di Napoleone Bonaparte,   fu la destituzione di un ministro delle Finanze che voleva introdurre imposte  e  tasse sul grande patrimonio immobiliare di cui disponevano gli esponenti della Nobiltà  e  del Clero.     Il popolo italiano  e  la sua borghesia qualche anno fa ricca  ma  adesso stremata da una grave crisi economica che si trascina penosamente da circa dieci anni,   230 anni dopo,    hanno accettato  "la tosatura"  chiamata I.M.U.  senza reagire  e  senza fare la rivoluzione:   sono cambiati i tempi,   sono cambiati i ministri,   e  (purtroppo)  sono cambiati anche i popoli,    anche se oggi come allora la folla è femmina  e  si fa arringare non più da un avvocato di provincia  (Robespierre proveniva dalla cittadina di Arras)   oppure da un giustizialista sanguinario che propone come soluzione dei problemi il funzionamento a pieno regime della ghigliottina contro gli odiati  "potenti",    ma si fa  "menare in giro"  (come il mitico can per l'aia)   da spregiudicati demagoghi  e  da qualche feudatario locale che non hanno nemmeno il dono di un'abile eloquenza oratoria  ma  si limitano a urlare  "a pieni decibel  e  a voce alta"  slogan insulsi che solo un cretino può definire  "populisti"   ma che nella loro essenza reale sono  "anti popolari",    e  che mentre urlano contro il potere ci sguazzano  e  ci sono ben inseriti  (nei Palazzi del Potere)   occupando poltrone retribuite  e  godendo di privilegi economici  e  di uno  "status sociale da benestante"  che la maggior parte della popolazione non potrà mai avere nel corso della sua esistenza   

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