sabato 20 luglio 2019

LA GRANDE STORIA / IL DOMINIO DI UN "DEMOCRISTIANO" ALLA CORTE DEL PIU' GRANDE DEGLI IMPERATORI, IL GUFO DESCRIVE LE VICENDE DEL MONACO TIBETANO PHAGS - PA

Come tutti i veri potenti,   la sua vita è avvolta nel più totale mistero,   non si conosce di preciso la data di nascita  e  il luogo del decesso,    "monaco proveniente da un povero tempio in mezzo alle nevi,   una  'lamaseria'   del Tibet";     si conosce il nome con cui è passato alla storia,   che non è nemmeno quello originario,   Drogon Chogyal Phags - Pa,    un nome che deriva da quel capolavoro che è stato il più complesso sistema di scrittura dei tempi dell'Imperatore Qubilay Khan,    il sistema di scrittura  "Phags - Pa"  che tentava di introdurre un  "codice di scrittura unificato"   per tutti i territori dell'Impero,   dalla lingua cinese a quella mongola,   dalla lingua tibetana  ai  dialetti più sperduti parlati nei luoghi più remoti del Grande Impero.      Phags - Pa  nella Corte Imperiale era  "il reggente":    quando l'Imperatore se ne andava in vacanza estiva  oppure  era impegnato personalmente in missioni militari  e  in visite fuori dalla capitale,    egli usciva dall'ombra  "da democristiano"  in cui era avvolto  e  assumeva la reggenza,   dimostrando che  "l'uomo ombra"  era molto più decisionista di Qubilay Khan.

Phags - Pa  era  appena diventato un potentissimo ministro di Corte quando si ritrovò improvvisamente in competizione con un avversario politico non meno intelligente di lui,   l'esploratore e mercante veneziano Marco Polo.    Marco era diventato amico personale del principe  (il figlio del Grande Imperatore Chinkin,   debole e malato)   e  soprattutto  "favorito"  di una delle mogli di Qubilay,   quella di fede cristiana;   e  siccome aveva esplorato  e  viaggiato non solo per tutta  "la via della Seta"  ma anche nelle regioni del Medio Oriente,   dell'Asia Centrale  e  spingendosi fino al porto di Hormuz,    egli fu affiancato proprio al potentissimo monaco Phags - Pa nella missione strategica di rimettere ordine nelle carte geografiche e nell'archivio dell'Impero,   aggiungendo alle informazioni  e  ai dati già conosciuti anche le informazioni  "da fonte diretta"  portate da Marco Polo.   Phags - Pa  era  invidioso del  "giovane rampante"  ma  "da democristiano"  fu in grado di reprimere le proprie emozioni profonde  e  di collaborare con lui,   aspettando  "il passo falso"  e  lo scivolone politico,   che accadde quando Marco Polo decise di sconsigliare l'Imperatore nella scellerata decisione di tentare l'invasione militare dell'isola di Cipango  (il Giappone)   con una flotta fornita dall'ammiraglio coreano Won,   in quanto l'esploratore veneziano era consapevole che i soldati mongoli,   invincibili sulla terraferma,   sarebbero stati sopraffatti  e  sconfitti sul mare dai più abili marinai giapponesi.     L'Imperatore Qubilay liquidò Marco Polo per  "disfattismo"   (anche grazie agli abili  "spettegùless"  messi in giro ad arte da Phags - Pa  che  diceva che Marco influenzava negativamente il principe Chinkin con le sue teorie  "occidentali"  e  liberali)   e  lo spedì in missione in Cina nella remota regione dello Yanghzhou a fare l'esattore delle tasse.

Marco Polo nel frattempo  (insieme alla sua famiglia di mercanti)  era diventato amico  e  "fedelissimo"  del subdolo  e  potente ministro Achmet,    che gestiva le Finanze dell'Impero  e  aveva piazzato nei  "posti chiave"  della burocrazia statale un esercito di parenti,   "amici e clienti",   favoriti  e  servi di regime,    una vera e propria  "Corte dei Miracoli"  all'interno della Corte Imperiale che era guidata dal peggiore dei  "servi di regime",   il cugino Talib.    Ovviamente Achmet all'interno della Corte Imperiale era il più grande nemico politico del monaco tibetano il quale,   ascetico  e  incorruttibile nella sua mentalità religiosa,    non poteva certamente andare d'accordo con quel ministro corrotto che tassava e tartassava il popolo per ingrassare lui stesso  (aveva accumulato un patrimonio ricchissimo)   e  tutta la sua  "Corte dei Miracoli"  di amici  e  parenti.    Marco Polo in missione in Cina aveva incontrato  e  si era innamorato di una giovane di origine veneziana di nome Monica,   figlia di uno dei  "rivoltosi"  che volevano abbattere il potere corrotto di Achmet  e  di Talib;   la situazione degenerò definitivamente quando il capo dei rivoltosi padre di Monica guidando personalmente un gruppetto armato riuscì ad attirare in un tranello il potente ministro Achmet  e  lo uccise con una pugnalata alle spalle,   venendo arrestato dall'irruzione improvvisa dei soldati dell'Imperatore che in quel modo riuscirono a soffocare  "sul nascere"  la rivolta.   Qui il monaco tibetano Phags - Pa,   incaricato dall'Imperatore  (che era in ferie estive)   di assumere la reggenza,   fece il proprio capolavoro politico liquidando contemporaneamente tutti i suoi avversari.    Come primo atto,   al rientro dalle ferie dell'Imperatore il monaco tibetano con una relazione dettagliata  e  circostanziata ricca di testimonianze  e  di fatti documentati riuscì a dare dimostrazione della corruzione di Achmet:   il  "democristiano"  voleva la vendetta anche  "dopo la morte"  e  infatti Qubilay Khan inorridito dal racconto di quei gravissimi misfatti  e  casi di corruzione  e  di sopruso nei confronti dei cittadini ordinò che il cadavere dell'ex ministro fosse disseppellito  e  gettato in mezzo alla strada in modo che le bestie selvatiche  e  i cani ne facessero scempio,   quindi ordinò  "letteralmente su due piedi"  una serie di sentenze di condanna a morte nei confronti di Talib  e  dei parenti più corrotti di quella cricca di potere.     Phags - Pa  però  voleva anche  "segare le gambe"  al giovane Marco Polo  ma  facendo in modo di sembrare generoso:    e  con una serie infinita di panegirici  e  di  "fumo negli occhi"  riuscì a convincere Qubilay a non condannare a morte Monica  (che era la figlia di uno dei due capi della rivolta cinese)   ma  a  "esiliarla a vita"  costringendola a diventare monaca di clausura in un convento:   la sfortunata ragazza non era morta,   ma avrebbe  "vissuto per sempre sepolta in un convento",    lontana da Marco Polo.       E  persino per Marco arrivò la  "frecciata imperiale"  quando disse in presenza del monaco tibetano che doveva imparare a selezionare meglio  "amici e nemici".

Alla fine i due grandi rivali diventarono amici  (anche se per un mero fatto di opportunismo).   Marco voleva fare ritorno a Venezia  e  Phags - Pa  finalmente  realizzava il suo sogno di avere l'occasione di togliersi definitivamente dai piedi il grande rivale,   dimostrando al tempo stesso di essere generoso;   il monaco tibetano riuscì ancora una volta a convincere l'Imperatore Qubilay a mandare in missione Marco,   incaricandolo di accompagnare la principessa Kokachin nelle regioni del Medio Oriente dove doveva incontrare  "uno della dinastia imperiale"  alla quale era stata promessa in matrimonio;   una volta giunto a destinazione Marco,   molto più vicino a Venezia rispetto alla capitale dell'Impero,   avrebbe potuto defilarsi in silenzio  e  fare ritorno a casa seguendo quelle strade stesse che lui già conosceva avendo percorso nel viaggio di andata.    Prima di prendere congedo dal suo grande avversario politico,   Phags - Pa  consegnò con una frase fredda il suo epitaffio  (quello con cui era destinato a diventare immortale)  e  il suo testamento politico  "il potere avvelena lo spirito,  Marco,  e  fa perdere gli uomini che anche solo lo annusano"  e  poi,   lasciando increduli tutti i Ministri della Corte Imperiale  e  lo stesso Qubilay,   annunciava che si sarebbe lui stesso definitivamente ritirato dalla vita politica per fare ritorno  "nel mio povero tempio disperso tra le nevi delle montagne del Tibet"  dove sarebbe diventato,   negli anni del suo declino,    la guida spirituale  e  "anziana"  di quel piccolo tempio.    Per  "il più potente tra i potenti"  che era abituato nella Corte Imperiale a dominare la scena  e  "dietro le quinte"  a  "dettare la linea politica"  anche allo stesso Imperatore Qubilay  quella uscita di scena  (per assumere un incarico in teoria insignificante)   quella fu la carica a cui teneva realmente,   perchè il monaco tibetano credeva in una religione dove  "lo spirito prevale sul corpo"  e  quindi la conclusione della sua vicenda terrena non si consumava per mano delle solite spietate vendette di Palazzo  (magari cadendo vittima di qualche congiurato come l'eterno avversario Achmet)   ma poteva consumarsi nelle preghiere  e  in quel luogo ascetico  e  di grande spiritualità da cui egli proveniva  e  nel quale prese congedo dalla  "vita terrena"  per andarsene via,   "spirito libero",   verso  "la vita eterna"  nella direzione che Buddha,    "l'eterno viandante",   gli aveva indicato      

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