Il Gufo conosceva un giovane, più o meno coetaneo del Gufo. Era una persona chiusa e silenziosa, era riservato e non era un narratore e un chiacchierone come il Gufo, anche lui (esattamente come il Gufo) viveva nel suo "piccolo mondo solitario". La sua passione era la scrittura, i suoi argomenti preferiti erano i temi economici e finanziari, a volte si trastullava nelle sue analisi complesse e sorprendenti. Nel novembre 2011, in piena "bufera da spread", mentre Silvio B. si dimetteva e irrompeva il Governo Monti e mentre la grancassa mediatica dei grandi giornali e delle televisioni di regime descriveva un'Italia a un passo dal baratro, tecnicamente fallita e sull'orlo del collasso finanziario con i titoli di Stato italiani che erano considerati quasi all'unanimità dai super esperti (compresi professori universitari, banchieri di altissimo livello, docenti in materie economiche e anche Premi Nobel) e dai cervelloni dell'economia nazionale come "ad altissimo rischio" e quasi simili alla carta straccia, lui diceva sempre al Gufo: dovresti fare immediatamente incetta di B.T.P. a 20 e 25 anni amico, adesso i prezzi sono super favorevoli, sono quotati ampiamente "sotto la pari e sotto quota 100", la cedola è ottima (si parlava di cedole lorde nettamente superiori alla media europea), puoi incassare tre oppure quattro anni di cedole e poi tra qualche anno, quando Monti e i grandi burocrati europei avranno raddrizzato la baracca ("Italy is too big to fail" era la frase che circolava negli ambienti finanziari in quei momenti drammatici per l'economia italiana) e normalizzato la situazione degli spread, avrai "in pancia" un B.T.P. con prezzo nettamente rivalutato rispetto a quello di acquisto e potrai portare a casa plusvalenze superiori al 15-20% su un prodotto (il titolo di Stato) non rischioso e garantito dallo Stato e dalla Banca Centrale Europea. L'amico del Gufo (che in quanto taciturno e riservato non aveva mai fatto carriera, ed era un modestissimo impiegato amministrativo con uno stipendio medio basso) fu spernacchiato dai Grandi Soloni dei giornali e delle corazzate dell'informazione locale, dai mega direttori, dai super dirigenti, dai "maghi della Grande Finanza", da tutta quella marmaglia che incassa stipendi quattro volte superiori all'amico (triste e solitario) del Gufo. Il Gufo lo ascoltò, purtroppo con una somma non rilevante (la somma liquida che aveva a disposizione in quel momento il Gufo era quella di un semplice risparmiatore) e si portò a casa un discreto guadagno che riuscì per un anno a finanziare tutte le spese mediche sostenute dal Gufo e anche uno dei suoi viaggi.
L'amico del Gufo si sentiva umiliato. LUI ERA CERTO CHE AVEVA RAGIONE (e infatti i fatti nudi e crudi gli hanno dato ragione oltre le sue stesse previsioni: chi avesse sottoscritto quei B.T.P. emessi nel novembre 2011 in piena "tempesta finanziaria" e li dovesse rivendere oggi sul mercato della Borsa, tra cedole e plusvalenza si porta a casa un guadagno netto vicino al 50%, quindi pari al 10% annuale, un super guadagno se si tiene conto che si tratta di titoli di Stato "a rischio quasi nullo") ma aveva un difetto: a causa del suo carattere solitario e della sua riservatezza, e in considerazione dell'aggravante che per un certo periodo della sua esistenza aveva anche lui sofferto di depressione, era considerato "un personaggio strano". In realtà nelle sue passioni (le analisi economiche e finanziarie e la scrittura) è un piccolo genio, incompreso in vita come quasi tutti gli scrittori dilettanti, e il Gufo legge con piacere le sue analisi, che sono tra l'altro semplici e comprensibili, e anche scritte in perfetta lingua italiana con il rispetto delle regole grammaticali e della punteggiatura. Il confine tra genialità e stranezza (sarebbe più corretto in realtà utilizzare la parola "stravaganza" e meglio ancora la parola "estrosità") nelle persone depresse, che dispongono di antenne particolarmente sensibili, è molto sottile, è leggero come un soffio di vento, ma nella persona depressa prevale quasi sempre la genialità, la fantasia, la creatività, la costruzione di un proprio "piccolo mondo" nel quale trovare rifugio per ripararsi dalle vicende tempestose della vita. Il Gufo ha deciso di lasciare indefinito quel confine e di lasciare ai lettori di questo blog (e alle persone che lo conoscono) il giudizio personale e individuale, libero come tutti i giudizi, di esprimere la propria opinione e di dire se a loro avviso nel Gufo prevale l'aspetto della stranezza dei comportamenti oppure quella genialità che non manca mai nelle persone che soffrono di depressione, e che la depressione stessa "condanna" a chiudersi per diversi giorni nel proprio "piccolo mondo" a riflettere a fondo con dialoghi con la propria anima, lunghi monologhi e soliloqui e con meditazioni profonde e solitarie
Caro Gufo, io non sono un esperto della materia, ma mi sono fatto un'idea abbastanza precisa, almeno su un aspetto della depressione. Perché alcuni tra i più grandi scrittori, poeti, filosofi, artisti in generale, sono stati - anche - dei grandi depressi?
RispondiEliminaMe lo sono chiesto più volte e mi sono dato la seguente risposta che, naturalmente, è solo un'opinione personale.
Il depresso, spesso, è una persone ipersensibile. Lo spaccone, chi è sempre sicuro di sé, chi ha solo certezze e nessun dubbio, difficilmente cade nella depressione (naturalmente, altri non vi cadono pur non essendo degli spacconi: non c'è una "regola" assoluta). Frequentemente però - io penso - il depresso è una persona ipersensibile. L'ipersensibilità è una delle caratteristiche del genio (non la sola, naturalmente), l'ipersensibile "sente", "ode" e "vede" aspetti della realtà che l'iposensibile non "sente", "ode" o "vede". L'esempio classico è quello di Giacomo Leopardi, ipersensibile e grande depresso, il quale non a caso, nel "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia", considera "beata" la "greggia", con questi indimenticabili versi:
"O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perchè d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perchè giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu se' queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perchè giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?".
L'ipersensibilità, propria del singolo uomo più che della "greggia" (o del gregge di uomini), può essere motivo di tedio, di noia e, quindi, di depressione. E' il frequente destino delle persone che "sentono", "odono" e "vedono" cose che gli altri ignorano.