NERONE FU UN GRANDE IMPERATORE. Il Gufo si aggiunge allo scrittore solitario Massimo Fini nell'opera di riabilitazione storica del più complesso ma anche uno dei più straordinari Imperatori di Roma, amato dal popolo (che continuerà per diversi anni, anche dopo la sua morte, a ornare con fiori la tomba dell'Imperatore defunto) e disprezzato dai potentissimi e intoccabili "tromboni della Casta di regime" dell'antica Roma, i senatori, i pretoriani della Guardia Imperiale, i ricchi palazzinari, i salottieri dell'alta aristocrazia e gli storici. Il Gufo pone tre pilastri fondamentali alla base dell'edificio della riabilitazione storica di Nerone, pilastri ormai accettati dagli studiosi contemporanei della storia antica
L'INCENDIO DI ROMA DEL 64 A.C. NON FU CAUSATO DA NERONE - l'accusa storica più infamante a carico dell'ex Imperatore è ormai collassata non solo per assoluta mancanza e inconsistenza di quelle che erano definite "prove certe a suo carico" (l'accusa più infamante di tutte, quella di un Nerone che suonava la cetra sul colle Palatino godendosi lo spettacolo della capitale che bruciava, è stata abbattuta da Massimo Fini con la semplice constatazione che in quel momento l'Imperatore non poteva certo trovarsi su un colle che era in fiamme a causa dell'incendio) ma per quello che è accaduto "dopo l'incendio": lo storico Tacito, fino a quel momento severo nei giudizi contro Nerone, afferma con ricchezza di particolari che l'Imperatore fu eccellente nell'opera di Protezione Civile, di soccorso, di rimozione delle macerie e di ricostruzione della città, che fu portata avanti rigidamente con pietre non infiammabili e con soluzioni urbanistiche "ecologiche" e molto lungimiranti per l'epoca. Nella ricostruzione fu realizzato un capolavoro architettonico come la "Domus Aurea", nuova dimora dell'Imperatore dopo l'incendio. Gli studiosi di storia antica romana non escludono che alcuni palazzinari organizzarono l'incendio per dare vita, con la ricostruzione, alla speculazione edilizia: ma furono completamente spiazzati dall'Imperatore con le sue politiche urbanistiche "ecologiche" e futuribili che mandarono in fumo gli affari dei palazzinari, i quali (da quel momento) iniziarono a cospirare contro di lui insieme ai loro "protettori politici" (i membri più influenti del Senato) e ai pretoriani della Guardia Imperiale: non fu un caso che Nerone sarà spodestato per mano di Galba, un vecchio generale dell'esercito non intelligente e militarmente inetto ma che era "manovrato politicamente" dal Senato di Roma e che nel suo breve regno - dopo la caduta di Nerone - compirà ogni suo singolo atto in pieno accordo con la cricca dei senatori più influenti e più potenti
SVALUTAZIONE DELLA MONETA, SPETTACOLI POPOLARI, AMORE PER IL "BELLO ESTETICO", POLITICA FISCALE E DI SPESA PUBBLICA "KEYNESIANA" E DISTRIBUZIONE DEI GENERI ALIMENTARI furono le politiche fiscali, sociali, di organizzazione di pubblici eventi portate avanti esclusivamente nell'interesse del popolo e dei ceti medio bassi. Un Imperatore che amava il "bello estetico" e lo spettacolo a tal punto da esibirsi in prima persona sul palcoscenico, da scrivere poesie e suonare strumenti musicali, un Imperatore stravagante nei comportamenti a tal punto che alcuni storici dicono tranquillamente che "spesso si dava alle orge e ai festini nei quartieri più degradati della periferia romana", un Imperatore che svalutava la moneta per favorire la ripresa dell'economia locale e che faceva una politica di spesa pubblica molto espansiva (in opere sociali e in organizzazioni di grandi spettacoli popolari), un Imperatore dei "panem et circenses" che distribuiva generi alimentari al popolo per calmierare i prezzi, non poteva certo riscuotere il consenso dei "potenti" e agli speculatori di regime dell'aristocrazia, che facevano di tutto per denigrarlo, calunniarlo, metterlo in cattiva luce di fronte al popolo
LA PERSECUZIONE DEI CRISTIANI FU UN'ECCEZIONE DI UN IMPERATORE INCREDIBILMENTE TOLLERANTE IN MATERIA DI CULTO RELIGIOSO E DI COSTUMI PUBBLICI e qui il Gufo avanza una domanda inquietante: fu veramente lui, l'Imperatore Nerone, a decidere di perseguitare i cristiani, oppure furono i suoi cortigiani a indurlo a pensare che i cristiani avevano un ruolo attivo nell'incendio di Roma?? La persecuzione cristiana contraddice quella che era stata la sorprendente politica di totale tolleranza, nei culti religiosi e nei costumi pubblici (Nerone aveva indistintamente rapporti sessuali con uomini e donne, ed era estremamente liberale e niente affatto rigido in materia di morale sessuale) e anche questa sua tolleranza ovviamente era vista malissimo nella cricca di potere conservatrice e ipocrita, nella quale dominavano i vizi (segreti) purchè fosse pubblicamente osannata e proclamata la virtù nei costumi (in realtà inesistente). L'uomo di spettacolo Nerone se ne fregava dell'apparenza perchè voleva essere come il popolo: un uomo pieno di vizi, libertino e stravagante, spregiudicato ma non "matto"
Infine, Nerone era un depresso, soffriva di "depressione aggressiva" (che è l'altra variante rispetto alla "depressione remissiva e passiva" di un Leopardi oppure del Gufo). Nerone amava follemente la ex moglie Poppea Sabina (che era spregiudicata e avida di denaro e di potere, e dominava con il suo carattere deciso e fortissimo il fragile Imperatore) e ne provocò la morte in un litigio (un calcio alla moglie, in gravidanza, in un momento di ira di quel litigio particolarmente acceso, fu purtroppo non intenzionale ma fatale), questo lasciò come eredità sensi di colpa e tristezza infinita, costringeva i servi a vestirsi come la moglie e per lungo tempo lui stesso si vestiva come Poppea Sabina. Nerone era il solito depresso geniale e profondo, si dimostrò incredibilmente intelligente (abile organizzatore dei soccorsi e della rimozione delle macerie e con idee urbanistiche innovative) nell'opera di ricostruzione di Roma dopo l'incendio del 64 d.C., era un creativo, amava il "bello estetico", amava l'arte e la musica al punto che suonava la cetra, organizzava spettacoli meravigliosi per il popolo (non esitando lui stesso a esibirsi personalmente scendendo nell'arena a combattere come gladiatore), era un discreto scrittore (soprattutto di poesie), era amato dal popolo e odiato dal Palazzo dei potenti, e infine era considerato "un matto", e il Gufo - per propria indole - è sempre portato a credere che quelli considerati "matti" dai potenti hanno sempre, dentro la loro anima, una marcia in più e una fortissima dose di genialità. Il Gufo conclude il suo post storico chiedendo a Massimiliano di approfondire gli studi su Nerone, figura straordinaria e complessa non liquidabile con l'accettazione di facili pregiudizi, perchè la crudeltà (presunta) era comune a tutti gli Imperatori della sua epoca, anche i più illuminati non erano meno crudeli, autoritari e dittatori di lui, ma il genio e l'estro, l'amore per Roma e per il popolo romano devono essere finalmente riconosciuti allo straordinario Imperatore Nerone
Purtroppo, Gufo, io sono la persona meno idonea per rivalutare la figura di Nerone. Non a causa di qualche pregiudizio, che non ho, ma per il fatto che conosco solo superficialmente la storia romana; ai tempi del liceo - e me ne pento - l'ho studiata giusto per, senza una particolare passione. Sarà meglio che la figura di Nerone sia tu a rivalutarla, mi pare che possiedi gli strumenti necessari.
RispondiEliminaSono stati pubblicati su Nerone un libro di Massimo Fini (editore Marsilio) come sempre "contro corrente" ed esiste una collana di diversi volumi, scritta con i soliti termini diretti e scorrevoli da Indro Montanelli e Mario Cervi, di facilissima lettura, il primo dei 24 volumi è dedicato ovviamente alla Storia di Roma. Il Gufo ha voluto parlare di ROMA in questi giorni nella sua essenza migliore, le pagine di storia e monumenti talmente belli che persino il mitico "er buco" (un carcere antico) ha entusiasmato e appassionato il Gufo visitatore, restituendo quella città alla dignità di una Capitale che merita di essere rispettata per ciò che fu e per ciò che è senza essere inutilmente umiliata da storie squallide di rifiuti e discariche e senza subire il dileggio di essere considerata, per ragioni di lotta e di propaganda politica, il luogo di "una possibile emergenza sanitaria"
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