giovedì 29 dicembre 2016

LE RIFLESSIONI IN LIBERTA' DEL GUFO SUL MONDO DEL LAVORO, IL GUFO ELOGIA LA GRANDE ECCELLENZA ITALIANA CHE E' IL MONDO PIENO DI SOLIDARIETA' DELLE PICCOLE IMPRESE E DEI LIBERI PROFESSIONISTI NEL QUALE LA PAROLA "LAVORO" HA ANCORA IL PROPRIO SIGNIFICATO MIGLIORE

Il Gufo oggi ha pranzato con un piccolissimo imprenditore,  un artigiano,  la classica  "micro impresa"  italiana  (molto diffusa sul territorio della provincia di Bergamo)  formata dal titolare artigiano e dal suo dipendente che lavora insieme a lui ormai da oltre dieci anni,  ed è inutile precisare che al pranzo erano presenti entrambi,  il titolare artigiano e il proprio dipendente,  uniti da un forte legame non solo professionale ma anche di solidarietà umana,  di reciproca comprensione e voglia di aiutarsi e sostenersi a vicenda,  forse anche da una vera e propria amicizia.   Sarebbe impensabile  'una causa di lavoro'  tra due persone che dividono in parti uguali onori e impegni,  che vivono in totale solidarietà il loro lungo rapporto di lavoro,  perchè ognuno dei due rappresenta di fatto il 50%  della forza lavoro della piccolissima impresa  e  quando uno dei due ha problemi fisici e di salute per alcuni giorni,  l'altro  "manda avanti la baracca"  in quel rapporto bellissimo e indissolubile che li lega  (anche in amicizia personale)  dal fatto che sono indispensabili uno all'altro come quelli che procedono nel passo sognato dal Gufo,  il passo lento ma assiduo e costante  ''procedendo in cordata''.    Oggi tiene banco sui giornali la decisione della Cassazione che ribaltando la sentenza di un giudice del lavoro di secondo grado consente all'imprenditore  (si tratta in questo caso di un'impresa di grandi dimensioni)  di licenziare un dipendente anche per motivi di miglioramento dell'efficienza organizzativa,   che non vuol dire la sciocca mania del  "taglio del costo del personale"  che ha favorito la proliferazione di dirigenti pubblici e anche privati spesso super pagati che non sono altro che emeriti cretini e totali imbecilli  (qualunque pirla è in grado di  "fare il dirigente"  con il sistema del taglio dei costi,   mentre solo un dirigente eccezionale ragiona in termini di formare una squadra,  di valorizzare le migliori competenze a sua disposizione,  e di creare le condizioni favorevoli per creare innovazione,  quindi sviluppo dell'azienda  e  quindi come conseguenza finale la possibilità di creare altri posti di lavoro  e  altre possibilità di procedere ad assunzioni di nuovi dipendenti),   e il Gufo non ci vede nulla di rivoluzionario in questa sentenza.   La Corte di Cassazione ha applicato la legge esistente ragionando sul singolo caso in esame  e  sulla situazione di fatto che era stata sottoposta alla sua valutazione,   questo dimostra che molti sproloqui contro i soliti  "giudici comunisti"   che impediscono di licenziare sono appunto sproloqui spesso pronunciati senza conoscere il singolo caso e la singola situazione  (è certamente vero che anche tra i giudici del lavoro si sono registrate interpretazioni lassiste,  assurde  e  troppo formali delle leggi,   ma la materia è complessa  e  investe rapporti umani ed economici assai delicati  e  spesso è difficile individuare con assoluta precisione,  in queste vicende,  quale è la soluzione realmente  'giusta'),   se esistono le condizioni di diritto,  organizzative legate a quella singola impresa  ed  economiche  (come in questo caso)  i giudici non impediscono a nessuno di licenziare il dipendente.

In realtà il Gufo per ragioni professionali si occupa da diversi anni del mondo delle piccole imprese,   che sono la parte più viva  e  più produttiva della nazione;   nel mondo di artigiani,  commercianti,  liberi professionisti la dimensione piccola dell'impresa e il numero molto esiguo di addetti crea un legame solido,  spesso umano,  che va oltre il rapporto professionale  e  "mette in cordata"  titolare dell'impresa e dipendenti,   soci delle piccole società  e  lavoratori.    Non esistono ricorsi legali  (se non per casi assolutamente rari e imprevedibili)  e  sentenze del giudice del lavoro  e  della Corte di Cassazione,   l'impresa in questi casi è un  "bene comune"  che vede l'impegno in assolute condizioni di solidarietà e di parità degli addetti ai lavori,   e non è un caso che sono proprio queste piccole imprese quelle che forniscono alle comunità locali dei paeselli il maggior numero di volontari e di erogazioni liberali a favore del mondo delle associazioni di volontariato,   delle associazioni sportive  e  delle associazioni culturali.    Nel  "mondo dei piccoli"  il dipendente riveste un ruolo essenziale in quanto l'esiguità del numero di addetti  e  le scarse risorse finanziarie e strutturali dell'impresa rendono la componente umana il fattore decisivo per determinare il successo oppure l'insuccesso dell'impresa,  e quando il rapporto va oltre la singola vicenda professionale e si trasforma in vera amicizia oppure in forte complicità e solidarietà umana,   si creano le condizioni ideali per quel  "piccolo mondo"  che il Gufo sogna di poter ritrovare,   dopo le devastazioni prodotte da questo capitalismo sfrenato e infame che ha prodotto la crisi finanziaria ed economica internazionale più lunga,  più grave e più drammatica che si è mai verificata negli ultimi 100 anni;  nel  "mondo dei piccoli"  la parola  LAVORO  recupera la sua vera essenza,  il suo vero significato,  la sua vera dignità che è quella di un modo di vivere la vicenda in modo reale e anche facendo eccezioni e deroghe alle forme e ai formalismi quando è necessario,   senza gli infiniti cavilli delle grandi imprese in cui troppo spesso il dipendente di basso livello si sente  "un numero di matricola,   uno come tanti"  e  quindi è assalito da sensazioni di demotivazione,  di frustrazione personale,  di inutilità nei confronti di quello che sta facendo tutti i giorni,   di distanza e totale incomunicabilità da alti funzionari che spesso si comportano da burocrati e da satrapi privilegiati più che da  'ottimi e diligenti padri di famiglia'.   Si continua qui in Italia a spendere ore e giornate intere a parlare  (spesso a vanvera senza entrare tecnicamente nel merito degli argomenti)  di  "Jobs Act",   di legislazione del mercato del lavoro,  del fisco e della burocrazia troppo oppressivi che rompono le scatole al popolo impedendo di lavorare,   ma quello che può far ripartire la nazione è solamente un fattore:  si deve prendere atto che la nazione Italia ha una propria caratteristica unica e originale rispetto al resto delle nazioni europee  e  anche al resto del mondo,   ossia la propria straordinaria rete e il suo tessuto di piccole imprese e di associazioni  "no profit"  del terzo settore,   e quindi deve impostare tutta la legislazione non sulle imprese di grandi dimensioni,   ma sulle piccole imprese.   La nazione Italia deve legiferare a favore del piccolo togliendo di mezzo studi di settore,  spesometri,  adempimenti inutili  e  poi deve porsi come obiettivo quello di   "incentivare la grande impresa e la banca ad assorbire la mentalità vincente e solidale del piccolo",   e  speriamo che nel più breve tempo possibile le grandi imprese possano fare finalmente strage di  "tagliatori di teste e di costi del personale"  e  possano tornare a selezionare dirigenti di altissimo livello le cui parole d'ordine sono creatività,  cultura personale e curriculum vitae prestigiosi e impeccabili,   capacità di creare un gruppo unito  e  di dialogare con tutti i dipendenti   (da quelli migliori a quelli poco produttivi,  in quanto purtroppo non tutti noi abbiamo talenti in abbondanza  e  il bravo dirigente è quello che riesce a miscelare nel modo migliore possibile i dipendenti eccelsi e quelli più lenti e più problematici riuscendo a ottenere qualcosa di buono e di prezioso anche da loro)  ,   spirito di innovazione e di ricerca continua di nuove soluzioni  e  di nuovi clienti in aree di mercato non ancora esplorate,   perchè l'imprenditore vero è quello che vince la sua sfida quando riesce a creare le condizioni economiche e sociali che gli consentono di riuscire ad assumere nuovi dipendenti  e  a far crescere di dimensioni e di qualità la propria impresa  (accrescendo il proprio prestigio personale  e  la credibilità dell'azienda anche all'estero),  non quando licenzia un dipendente grazie a una sentenza favorevole della Corte di Cassazione    

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