giovedì 24 agosto 2017

SOMALIA, LE VITTIME ITALIANE DELLA BATTAGLIA DEL ''CHECK POINT PASTA'' DI MOGADISCIO DEL 2 LUGLIO 1993

Sono trascorsi più di 20 anni,  e  probabilmente molti in Italia hanno già dimenticato.   Era il 2 luglio 1993,  nella ex colonia italiana della Somalia da due anni imperversava una guerra civile,   dopo la caduta del regime del  ''solito''  satrapo africano,   il dittatore Siad Barre.    La nazione somala di fatto era diventata inesistente,   uno dei moltissimi drammi degli  ''Stati falliti''  africani dove si crea una situazione di caos e di guerra civile,   di totale ingovernabilità,    con i famigerati  ''signori della guerra''  somali che lottavano tra di loro organizzati per bande armate che si contendevano il potere  e  con il Somaliland,   la ex colonia inglese,   che aveva da poco auto proclamato la propria indipendenza  e  viveva in una situazione di  ''secessione di fatto''  dalla Somalia.    Quel dramma sembrava lontano,    ma fece irruzione improvvisamente nelle nostre case quella caldissima giornata di luglio 1993  in uno dei molti rastrellamenti di uno dei reparti militari italiani,   che era penetrato nel quartiere Haliwaa situato a Nord di Mogadiscio per sgominare la solita cellula armata al servizio di uno dei molti  ''signori della guerra''  e  per sequestrare le armi che erano state ammassate in quel quartiere,   posizionato vicino all'ex Pastificio di Mogadiscio,   il famoso e famigerato  ''Check Point Pasta''.   

L'Italia era stata chiamata militarmente a intervenire nella ex colonia dalle Nazioni Unite che avevano dato il preciso mandato di disarmare le bande armate  e  di sequestrare le armi ammassate illegalmente nella capitale somala.     Sembrava una delle tante  ''operazioni di routine''  anche se estremamente rischiose  e  infatti i due battaglioni dell'Esercito Italiano avevano appena compiuto con successo le operazioni di rastrellamento  e  di sequestro di una partita di armi,     ma davanti a una barricata improvvisata che era stata eretta in passato da ribelli somali si rivelò in tutta la sua drammaticità una imboscata militare.   I ribelli iniziarono a sparare all'impazzata contro i soldati italiani,   e  fu ucciso il paracadutista Pasquale Baccaro mentre altri due paracadutisti rimasero gravemente feriti nell'agguato.    Una seconda unità italiana venne in soccorso degli aggrediti,    armata anche di carri armati  ''M60 Pattom''  e  di mezzi blindati  e  quindi ben equipaggiata,    ma gli ordini di servizio limitavano la possibilità di utilizzare fisicamente gli armamenti in zone civili come quella dell'ex Pastificio.    La sparatoria purtroppo si intensificò e proseguì con inumana crudeltà,   e  anche il sergente Stefano Paolicchi cadde sotto i colpi di mitragliatrice dei rivoltosi.     Una terza vittima,   il sotto tenente Andrea Millevoi,   fu colpito a morte da un  ''cecchino''  mentre tra i feriti gravi vi fu anche il sotto tenente Gianfranco Paglia che in conseguenza di quelle ferite rimarrà invalido,    e  sarà successivamente candidato ed eletto in Parlamento nelle elezioni politiche del 2008 con il gruppo del Popolo della Libertà.

In realtà la  ''battaglia del Check Point Pasta''  secondo diverse fonti che però non trovarono mai la conferma ufficiale ma che furono ritenute abbastanza credibili aveva come obiettivo primario la cattura  ''vivo oppure morto''  del peggiore dei  ''signori della guerra somali'',   il famigerato Mohammed Farah Aidid,   che qualche giorno prima in un'imboscata a tradimento aveva attirato in una trappola un gruppo di soldati americani  e  ne aveva sterminati diversi.    Questa versione era accreditata dall'indizio fornito dalla durissima resistenza somala,   una resistenza più feroce  e  accanita del solito per quelle che erano le normali operazioni di rastrellamento dell'esercito italiano che induce a pensare che in realtà i ribelli proteggevano un obiettivo più importante di un semplice deposito illegale di armi,    e  dal fatto che l'Italia aveva agito con grandi forze di attacco in una zona controllata dal  ''signore della guerra''  Ali Mahdi Mohammed,   che era in quel momento il principale avversario del generale Aidid  e  che era in lotta con lui per la conquista del potere nella capitale somala Mogadiscio.    Questa strage avrà un ulteriore gravissimo strascico l'anno successivo,   quando partiti in Somalia allo scopo di indagare su questo fatto  e  su altri fatti legati alla guerriglia somala i due eccezionali giornalisti RAI3  Ilaria Alpi  e  Miran Hrovatin furono uccisi in quella che era una vera e propria esecuzione,   crivellati di colpi di mitragliatrice nella loro automobile in pieno centro di Mogadiscio,   il 20 marzo 1994.    Le vittime italiane in Somalia degli ultimi anni del secolo scorso sono  ''cadute nel dimenticatoio'',    anche se le conseguenze di quei terribili eventi sono state quelle di una intera zona come il  ''Corno d'Africa''  al collasso economico e finanziario  e  di due nazioni dominate dalla dittatura  e  dalla miseria come la Somalia  e  l'Eritrea dalle quali ancora oggi diverse migliaia di profughi fuggono da una situazione insostenibile,   attraversano prima il deserto  e  poi il mare per rifugiarsi in Italia,   e  quei problemi mai risolti  dall'intervento militare hanno lasciato sul campo tre autentici eroi che sono morti al servizio della nazione,   due giornalisti eccezionali e coraggiosi che sono morti mentre compivano il loro dovere di andare alla ricerca della verità  e  di documentarla sulle reti televisive,   e  un valoroso parlamentare come Gianfranco Paglia che il prezzo del suo eroismo lo ha pagato  e  continua a pagarlo anche oggi con gravi ferite che lo hanno condotto all'invalidità fisica


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