Innanzitutto questo post pone sul piatto una considerazione meramente tecnica e puramente numerica ed matematica, che è l'introduzione del ragionamento politico del Gufo di questa serata nella quale, a meno di due mesi dalle elezioni regionali in Lombardia e per bocca degli stessi esponenti politici nazionali principali dei partiti di centro destra emerge la clamorosa ipotesi di "rinuncia alla ricandidatura" del governatore Roberto Maroni motivata con i soliti "motivi personali" che vanno bene per tutte le stagioni: fatta eccezione per il verificarsi di incredibili colpi di scena al momento poco probabili, nessun partito e nessuna delle tre coalizioni principali (M5S, centro sinistra e centro destra) la sera del 5 marzo 2018 a scrutinio completato avrà raggiunto una maggioranza di seggi parlamentari in entrambe le Camere, condizione necessaria per governare in modo autonomo senza doversi sottoporre a estenuanti "trattative sotto banco" nelle segrete stanze delle sedi nazionali dei partiti per dare vita all'ennesimo "governo di larghe intese" in cui il nome del futuro presidente del Consiglio sarà ancora una volta "calato dall'alto" al termine di veri e propri mercati delle vacche e delle poltrone. L'oscena legge elettorale politicamente truffaldina appena approvata è un obbrobrioso "ibrido maggioritario / proporzionale", una schifezza che mette insieme e mischia il sistema proporzionale puro (due terzi dei seggi sono assegnati ai singoli partiti sulla base di un sistema proporzionale puro simile a quello della Prima Repubblica) con un sistema maggioritario secco a turno unico (un terzo dei seggi sono assegnati al vincitore del collegio e a turno unico, vince e viene eletto in quel collegio elettorale chi ottiene almeno un voto in più degli avversari qualunque sia il numero di voti da lui ottenuto); a questo obbrobrio va aggiunto che non è prevista alcuna indicazione del futuro candidato presidente del Consiglio di ogni coalizione e non viene a meno "l'assenza di vincolo di mandato" prevista attualmente dalla Costituzione, ergo a partire dalla prima seduta della nuova Camera dei Deputati e del nuovo Senato della Repubblica e dopo che si sono costituiti formalmente i nuovi gruppi parlamentari, ogni singolo partito e ogni singolo parlamentare "ha le mani libere" e può fare quello che ha voglia, compresi i mitici "cambi di casacca" e compresa la possibilità per i partiti che formarono una coalizione di andare ognuno per la propria strada sciogliendo immediatamente quella alleanza fasulla che fu tirata insieme solo per fregare gli avversari e guadagnare il maggior numero di seggi possibili in Parlamento. Nessuna coalizione al momento è in grado di superare il 40% dei voti alla Camera e al Senato nel sistema proporzionale puro, di vincere in più della metà dei collegi maggioritari in entrambe le Camere (questa è la condizione che tecnicamente rende possibile il raggiungimento di due maggioranze "auto sufficienti" in entrambe le Camere): quindi di fatto dal 5 marzo 2018 si parte con trattative estenuanti che avranno il solo scopo di decidere se si va avanti con il Governo Gentiloni con aggiunta di qualche ministro di centro destra oppure se si deve dare vita a una nuova ammucchiata di partiti nell'ennesimo "governo di larghe intese".
La Lega Nord, per voce di Matteo Salvini (il quale questa volta dice la nuda e cruda verità) ha già fatto sapere che non parteciperà ad ammucchiate "nazionali", e peraltro Forza Italia, i centristi vari e il Partito Democratico se saranno auto sufficienti non vedono l'ora di "lasciare a piedi" (cioè all'opposizione per altri cinque anni) Lega Nord, Fratelli d'Italia e M5S per dare vita all'ennesima ammucchiata che li vede felici e contenti, esattamente come in Provincia di Bergamo quando si sono spartiti le poltrone di Uniacque e della presidenza della Provincia nel 2014. Finirà finalmente il 5 marzo 2018, questa maledetta "alleanza farsa innaturale" tra Lega Nord e Forza Italia che diventerà "carta straccia" a tutti i livelli (perchè quando si parte dal livello centrale poi "a scendere e a cascata" sono travolti i livelli politici e amministrativi inferiori) e i due partiti saranno finalmente liberi dall'obbligo di dover dare vita a veri e propri equilibrismi e ad assurde pagliacciate pur di tenere in piedi ciò che da diversi mesi è già finito in mille pezzi, a pesci in faccia e a insulti reciproci. La vicenda di Roberto Maroni in Lombardia (è a dir poco assurdo, dal punto politico e di strategia elettorale, che a data delle elezioni già fissata e quindi a campagna elettorale formalmente già iniziata il governatore uscente che aveva da diversi mesi annunciato la propria ricandidatura per un secondo mandato consecutivo fa sapere che "non sa se si ricandida", per motivi personali, e crea con questo annuncio un caos politico fatto di polemiche e di voci incontrollate che hanno come unico risultato quello di favorire l'avversario visto che è una situazione simile a quella di una squadra di calcio nella quale alla vigilia della partita decisiva l'allenatore annuncia ai calciatori che forse rassegnerà le dimissioni prima della sfida) arriva tempestosa ma non inaspettata, quelli della Lega Nord hanno capito benissimo che un minuto dopo lo spoglio delle elezioni politiche nazionali e la proclamazione dei risultati definitivi nasceranno "piccoli e grandi manovre" di inciucio e di "larghe intese" di chi si è servito di loro e dei loro consensi per vincere nei collegi maggioritari nei quali il risultato è incerto, ma poi finito il momento di opportunismo elettorale pensa esclusivamente ai cavoli propri e al proprio interesse di partito. Scatta quindi la più incredibile delle tentazioni nei leghisti (e anche in settori non esigui e minoritari di Forza Italia che dopo avere "sopportato" per cinque anni un governatore leghista preferirebbero un Gori proveniente dal loro mondo, quello delle televisioni di Silvio B., piuttosto che dover "subire" altri cinque anni di un governatore leghista): senza arrivare a sfasciare l'alleanza, iniziare "il tiro al piccione" e "il giochino al massacro" per indebolire la coalizione nel momento decisivo della sfida, con la speranza segreta di una sconfitta che sarebbe il pretesto per gettarsi reciprocamente addosso la croce dopo le elezioni e quindi per dare inizio al processo di disgregazione dell'alleanza che, fatta eccezione per le ipocrisie delle formule di rito e delle parole di circostanza che impongono a vecchie mummie e a cariatidi della politica di continuare a dire "va tutto bene, l'alleanza è compatta", non è più sopportata da nessuno dei due partiti sia a livello "alto" nazionale che nel livello più "basso" dei singoli territori di borghi antichi e paeselli inquieti.
Ancora una volta, come fu il caso della clamorosa vittoria elettorale della lista civica del "Patto per Castelli Calepio" nel giugno 2009 in un momento storico nel quale l'alleanza Lega Nord - Popolo della Libertà vinceva e imperversava praticamente a tutti i livelli politici (nazionale, regionale e comunale in quasi tutti i paeselli della Lombardia e delle Regioni del Nord Italia), è stato tragicamente sottovalutato un segnale che parte dal basso, dal territorio comunale di un paesello locale come Castelli Calepio che è pur sempre un paesello di oltre 10.000 anime e quindi non insignificante dal punto di vista numerico. Quella vicenda annunciava che in realtà era in atto una feroce rissa interna tra le diverse correnti del Popolo della Libertà (l'anno successivo a livello nazionale l'incredibile rissa politica tra Fini e Berlusconi riproduceva a livello centrale la rivalità esistente sui territori, tra i quali Castelli Calepio, delle "diverse anime e correnti" del Popolo della Libertà e dava inizio al processo di disgregazione di quel partito e poi del collasso dell'alleanza con la Lega Nord che avrebbe dato inizio alle ragioni che saranno decisive per il venire a meno della maggioranza e quindi per il crollo del Governo Berlusconi del novembre 2011) e fu liquidata come una vicenda locale, una bega da paesello già diviso in frazioni e in fazioni, mentre in realtà la litigata tra il gruppo di Flavio Bizzoni e quello di Giovanni Benini era la prova concreta che il Popolo della Libertà non era un partito compatto e invincibile come la mitica Falange Macedone, ma iniziava a essere indebolito sul territorio dal tarlo delle rivalità personali e delle divisioni in diversi gruppi e "correnti" interne. L'incredibile rissa politica in atto a Castelli Calepio tra Lega Nord e Forza Italia che ha avuto inizio nel 2016 e che è diventata particolarmente cruenta nel 2017, rissa nella quale per ora i leghisti manifestano il proprio disagio con le dimissioni individuali "uno alla volta", segnala il fatto che nei Comuni della Lombardia sono sempre più numerosi i casi nei quali i leghisti non sopportano più "i democristiani" di Forza Italia, vivono con disagio e con profonda inquietudine questa alleanza, la considerano una forzatura e quasi una farsa dalla quale non vedono l'ora di liberarsi alla svelta per tornare a fare la propria politica tradizionale di "partito di lotta" che si esprime con slogan popolari e non con mediazioni estenuanti, con trombonate di partito, con farsesche riunioni di lista e con ridicoli "vertici di maggioranza" nei quali oltretutto abbondano saltimbanchi della politica che la sera prendono un accordo e già a partire dalla mattina successiva cercano con mille scuse e preteste di improvvisare spettacolari "salti della quaglia" per tradire la parola data. In quella inquietante formula "motivi personali" con la quale Maroni motiva le proprie perplessità, pare quasi di scorgere una incredibile coincidenza e continuità con i primi casi di dimissioni di assessori a Castelli Calepio che inizialmente furono liquidati con troppa leggerezza come "casi individuali" e con la formula di rito delle "dimissioni per motivi personali", anzichè indagare a fondo (come fece il Gufo) che avrebbe permesso di scoprire che in realtà emergevano problemi politici di vera e propria incompatibilità tra i valori di fondo a cui si ispira la Lega Nord e quelli a cui si ispira Forza Italia.
Ecco che emerge in superficie quindi un diabolico "piano kamikaze", che nessuno ovviamente può confermare, perchè più che un piano freddamente preparato a tavolino è molto probabilmente un desiderio "irrazionale e dell'inconscio" che però spinge clamorosamente uomini e partiti in quella direzione politicamente suicida: se dopo il Comune di Milano (in cui da ormai due legislature il Partito Democratico sconfigge le alleanze Lega Nord - Forza Italia) e dopo gli altri due Comuni principali della Lombardia (quello di Brescia e quello di Bergamo) il centro sinistra riesce a prendersi anche la vittoria in Regione Lombardia in un momento storico nel quale la coalizione di centro sinistra è messa molto male a livello nazionale, l'alleanza crolla immediatamente e va allo sfascio, e l'incubo finisce per la Lega Nord che a differenza di Forza Italia (partito innamorato delle poltrone) non vive mai con terrore la prospettiva di "perdere presidenze e assessorati" e di farsi qualche anno all'opposizione. La Lombardia non è il Veneto dove l'alleanza regge ancora e dove ha un ampio sostegno popolare legittimato da una grande partecipazione al referendum del 22 ottobre, qui i segnali di collasso e di sfascio "dal basso" hanno iniziato ad erodere le fondamenta e come un fiume carsico risalgono dal basso minacciando la stabilità dell'edificio: per la prima volta il centro sinistra presenta un candidato credibile con qualche possibilità di successo ed ecco che una parte "centrista" del centro destra si stacca e salta dall'altra parte dopo avere governato insieme a Maroni dal 2013 fino a oggi, il governatore uscente ha momenti di perplessità sulla ricandidatura (il referendum sull'autonomia per lui è stata una sonora sconfitta, i votanti sono stati meno del 40% ossia 20 punti percentuali in meno dei votanti in Veneto, e quindi Maroni ne è uscito umiliato e "politicamente con le ossa rotte" dall'impietoso confronto con il trionfante Luca Zaia), i candidati che sono proposti come eventuali suoi sostituti sono "deboli" e tutto procede in una direzione assurda e inspiegabile come se esistesse sotto traccia "una mano invisibile" che vuole favorire la clamorosa vittoria di Giorgio Gori che fino a questa sera era una mera "ipotesi di scuola". Le indecisioni politiche improvvise di Maroni non sono niente altro che "il virus di Castelli Calepio" (e di altri Comuni che sono nelle stesse condizioni di Castelli Calepio, nei quali l'alleanza vacilla vistosamente sotto il peso delle risse ed è stata fino a oggi tenuta letteralmente insieme da "ordini calati dall'alto" dalle segreterie provinciali dei due partiti) che ha iniziato a infettare il corpo e che si sta traducendo in una vera e propria "epidemia politica" potenzialmente letale per il futuro di questa alleanza innaturale. Molti leghisti "duri e puri" detestano "i democristiani" da loro ritenuti persone fasulle, opportunisti, trasformisti; a loro volta "i democristiani" hanno sempre ritenuto "i leghisti duri e puri" come una massa di irresponsabili, di demagoghi inaffidabili quando si tratta di governare perchè capaci solamente di urlare e di protestare. Due mondi che non si sono mai amati e che si sono sempre detestati (e che si scontrarono con estrema durezza e con accuse reciproche terrificanti nei primi anni '90, quelli della agonia e della crisi finale che ha portato al collasso della Prima Repubblica) sono stati tenuti insieme "quasi con la forza e contro natura" da quel Silvio B. che era lui stesso il primo opportunista che per salvare la propria poltrona mischiava il Diavolo con l'Acqua Santa, parlava di maggioranze compatte quando sapeva benissimo che nelle riunioni segrete ci si sputava letteralmente in faccia. Ancora una volta (come nel giugno 2009) parte da Castelli Calepio un evento sorprendente che fu considerato una quisquilia ma che era un segnale, Castelli Calepio ci insegna che non si può più imporre con ridicoli diktat "calati dall'alto" l'amore politico tra chi in realtà si detesta da una vita, e quel mare in piena che è stato amplificato da scrittori strampalati, da continue dichiarazioni torrenziali ed esternazioni dei litiganti sui giornali locali e da "fughe di notizie" sempre più frequenti e angoscianti non rappresenta niente altro che la voglia di liberarsi in volo dell'uccellino tenuto troppo a lungo all'interno di una oppressiva gabbia di matti, che ha intravisto all'improvviso una fessura tra le sbarre e con mossa veloce e agile della zampetta minaccia di ribaltare la gabbia e di andare via, a raggiungere quella libertà che da sola produce sensazioni meravigliose e che vale più di mille poltrone e delle futili indennità di funzione
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