lunedì 12 agosto 2019

ELIOGABALO, L'IMPERATORE SIRIANO

Il nome era già tutto un programma:   nato come Sesto Vario Avito Bassiano,   e  nominato Imperatore come Marco Aurelio Antonino Augusto,    non fu contento di tutta questa sfilza di nomi  e  soprannomi  e  ne aggiunse uno,   quello con cui passerà alla storia,   Eliogabalo oppure in siriano  "El Gabal".    Eliogabalo aveva già una caratteristica che lo rendeva  "unico e diverso"  rispetto ai suoi predecessori,   non era romano ma era siriano di origine:   l'Oriente non si limitava quindi a influenzare la Capitale dell'Impero con il fascino della cultura siriana oppure di quella egiziana,   ma forniva direttamente alla Capitale un proprio cittadino per la carica più importante di tutte,   e  lo forniva con una provenienza  "mistica"  in quanto la leggenda descrive Eliogabalo come  "discendente diretto del Dio Sole"  (per l'appunto  "El Gabal")   della sua città di origine,   Emesa in Siria.    In realtà fatta la tara a tutte queste leggende  e  a queste motivazioni  "mistiche"  tutto si riduceva alla solita lotta di potere tra l'ex Imperatore Macrino  (suo predecessore)  e  la solita  "matrona invadente"   assetata di potere che nei Palazzi dominava la scena  e  faceva il bello e il cattivo tempo,   nel caso di Nerone fu la madre Agrippina,    mentre nel caso di Eliogabalo fu la nonna materna Giulia Mesa,    la quale per vincere le resistenze degli altri aspiranti al trono fece mettere in giro  "la voce  e  lo spettegùless"   (mai realmente dimostrato)   che Eliogabalo era figlio  "naturale"  ancorchè illegittimo dell'ex Imperatore Caracalla;     erano già quelli di Roma antica tempi in cui più della versione ufficiale e  "reale"  contavano gli  "spettegùless"  messi in giro ad arte per favorire qualcuno,   oppure per segare le gambe a un avversario politico,    e  in cui gli  "uomini di potere"  spesso non erano altro che pupazzi  e  burattini completamente dominati da donne austere  e  decisioniste  (nonne,   madri,   mogli,   amanti  e  concubine varie)   perchè da sempre  "il potere è maschile,   ma la folla è femmina".       

Il 14enne Eliogabalo,   salito al trono nel 218,   dimostrò immediatamente di essere  "perverso  e  corrotto"  malgrado la giovanissima età anagrafica.    Nel loro libro della collana storica della Storia di Italia,    e precisamente il primo dei ventiquattro volumi della catena che parlava della Storia di Roma,   gli ex giornalisti Indro Montanelli  e  Mario Cervi lo descrivono addirittura come  "un giorno della primavera del 219 d.C.  l'Urbe vide arrivare il più strano degli Imperatori,   un ragazzo tutto vestito di seta rossa,   le labbra tinte di rossetto,   le ciglia ripassate con l'hennè,   una fila di perle al collo,   braccialetti di smeraldi ai polsi  e  alle caviglie,   e  una corona di diamanti sulla testa,   ma lo acclamò ugualmente perchè ormai nessuna mascheratura la scandalizzava più".     Ci fu quindi una  "strampalata intesa di fatto"   tra una Corte Imperiale ormai corrotta che viveva nel lusso più sfrenato  e  nello spreco di denaro,    e  "quel ragazzo per cui il trono era come un balocco,   e  lo usò come tale;   nella sua infantile innocenza quel ragazzetto era anche simpatico".     "L'Imperatore siriano"  se ne fregava completamente degli affari di governo,   che erano nelle mani della  "vera"  Imperatrice  (la donna Giulia Mesa)   la quale governava in modo autoritario  e  decisionista;    ma il ragazzino perverso  e  corrotto in soli quattro anni riuscì a svuotare le casse statali con una vera e propria  "bancarotta fraudolenta"  fatta di spese semplicemente folli  e  assurde.    Viveva da satrapo nel lusso più sfrenato,   spendendo cappellate di soldi in trucchi  e  prodotti di bellezza estetica di vario genere  (rossetti,   ciprie,   boccette di profumo,   e via dicendo),    faceva una marea di scherzi  e  burle innocenti a tutti,   organizzava a sorpresa tombole con ricchi premi in palio,    consultava gli indovini per farsi prevedere il futuro  (e quando un indovino arrivò a predire che sarebbe morto assassinato,   ma non ci voleva un'aquila per capire che sarebbe andata a finire in quel modo,    egli ne approfittò per spendere altre cappellate di quattrini in modo da acquistare strumenti di tortura  e  armi per organizzare il proprio suicidio,   tra cui una spada in oro massiccio  e  una scatola tempestata di diamanti che poteva contenere veleni come la cicuta).    Organizzava una marea di pranzi,   festini di ogni genere,   orge in pieno Palazzo Imperiale,    con una marea di invitati che si concedevano i cibi più raffinati senza badare a spese,   tanto l'Imperatore in questi casi attingeva alla cassa pubblica;   spendeva una marea di soldi in matrimoni  (egli era  "bisessuale"  e  in soli quattro anni,   dai   14 ai 18 anni di età,   ebbe cinque mogli  e  due mariti!!!).

Il problema è che,  oltre che corrotto  e  perverso,   il  "discendente diretto del Dio del Sole della città di Emesa"  era anche mistico  e  ascetico,   si era fatto proclamare sacerdote della città di Emesa  e  aveva vere e proprie crisi religiose.    Arrivò al punto prima di circoncidersi  e  poi di tentare di mettere in pratica la propria evirazione  e  l'ultima crisi mistica fu quella fatale che gli costò la vita:   dopo essersi fatto spedire da Emesa una pietra preziosa per fare costruire un Tempio di  "Sol Invictus"   (la versione romana del  "Dio del Sole"  di Emesa)  e  tentò di costringere gli Ebrei e i Romani a venerare il nuovo  "dio"  che non era altro che l'Imperatore stesso,   unitosi in matrimonio  "mistico e religioso"  con una vergine vestale per consacrare pubblicamente la sua funzione di sacerdote.    A quel punto persino  "l'Urbe ormai abituata a tutto"   che non si scandalizzava più nemmeno di fronte agli spettacoli più osceni  e  più perversi ebbe un sussulto di dignità,   nonna Giulia Mesa si mise alla ricerca di un nuovo Imperatore  (che fu individuato nel giovanissimo Alessandro Severo,   decisamente più serio nello svolgimento delle funzioni pubbliche del suo perverso coetaneo)    e  con grande disinvoltura  "la matrona"  diede  "via libera"  alla liquidazione del proprio stesso nipote,    ucciso nella solita congiura di Palazzo organizzata dal Senato  e  per mano della solita  "guardia pretoriana"  infida  e  traditrice.      Esattamente come accadde per Caligola  e  per Nerone,   dopo la morte su Eliogabalo fu applicata la  "dannatio memoriae"   per  "fanatismo,   eccentricità,   depravazione  e  decadenza nei suoi comportamenti"   (essa era l'istituto con cui il Senato imponeva la  "dannazione eterna"  a carico degli Imperatori sgraditi  e  considerati  "sciagurati"  nel giudizio degli storici contemporanei che avevano descritto le loro gesta)  e  ancora una volta nella storiografia successiva si è aperto un grande dibattito tra coloro che confermano che effettivamente Eliogabalo fece danni e disastri incalcolabili  e  fu peggio che una sciagura,  e  alcuni storici che ritengono invece che quei racconti di  "perversione  e  depravazione"  erano cronache del tutto inventate  (oggi si definirebbero  "fake news")   determinate dai pregiudizi se non da vero e proprio  "razzismo"  da parte di una Corte romana retrograda  e  conservatrice in materia religiosa nei confronti di un giovane Imperatore  "straniero"  (era orientale,  e  quello che è peggio,   siriano)   che era estremamente  "dinamico e liberale"  (se non addirittura spregiudicato  e  disinvolto)  in materia di comportamenti sessuali  e  di convinzioni religiose,   e  che aveva proprio quella  "intransigenza del liberale"   secondo il quale tutti,   a partire ovviamente dall'Imperatore che ne dava l'esempio nel modo più stravagante  e  in qualche caso ai limiti dell'indecenza  e  della perversione,    erano liberi di adorare divinità  "diverse"  da quelle  "ufficiali"  e  tutti erano liberi di sposare indifferentemente uomini  e  donne,    di essere  "laici"  oppure di diventare  "sacerdoti",    in un eterno  e  perenne  "clima festaiolo"  in cui non si badava a spese  ma  si mirava solamente a raggiungere la felicità  

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