Proviamo a immaginare un impiegato amministrativo "alla frutta", arrivato a fine stagione, che è sul punto di concludere il proprio mandato. Egli predispone e mette in ordine l'ufficio, depenna ed elimina dal computer i "files" personali, raccoglie (idealmente oppure fisicamente) nel mitico "scatolone" americano tutto ciò che era strumento personale di lavoro e che non serve al suo successore, ma ciò che si porta realmente via per sempre non è un bene fisico materiale, e nemmeno un bene fisico immateriale, sono i propri ricordi. Un presidente di associazione sportiva prima di congedarsi ricorda le partite più belle e più appassionanti, trascina con sè un archivio pieno di vittorie e di sconfitte, di trionfi e di delusioni; il politico che se ne va via incredibilmente si sorprende della scena che più volte lui stesso personalmente ha visto con i propri occhi, e che gli hanno descritto, ossia quella che chi perde il proprio potere nel momento in cui esce di scena si ritrova clamorosamente solitario, abbandonato dai lacchè lascivi che sono già alla ricerca del "nuovo" potente da incensare, da omaggiare, da servire in modo a volte imbarazzante.
Purtroppo esiste un secondo aspetto meno gradevole nell'uscita di scena, è l'ingratitudine, è la solitudine. Quelli che restano, secondo un deludente e scadente copione che si ripete da anni con la solita solfa "trita e ritrita", nei primi tempi gettano "in collo" la colpa dei problemi rimasti irrisolti a chi se ne è andato via, che ovviamente "ha lasciato in eredità una situazione disastrosa", dimenticandosi del fatto che non lo ha ordinato loro il medico di scegliere liberamente di trasferirsi in quel posto e di ereditare quella situazione (disastrosa). Molti se ne vanno via non per libera scelta, ma perchè la malattia li costringe a una uscita di scena che non è la chiusura di una pagina della propria esistenza, ma l'inizio del declino che porta alla chiusura stessa della propria vita. Alcuni se ne vanno via fisicamente in un preciso momento, ma agonizzavano già da tempo, vittime di sofferenze atroci, e quello è il momento della liberazione, poi esiste il gesto eclatante di chi con la parola "uscire di scena" intende il proprio suicidio, la consumazione dell'ultimo atto della vita terrena per atto volontario e drammatico.
Infine, la situazione più misteriosa e terribile di tutte, quella del Corpo che esiste solo fisicamente, perchè è già diventato Spirito. Esiste "la materia" di quel Corpo, che prende decisioni, compie azioni, cammina lungo la strada che tutti percorrono insieme a lui, ma la parola e il pensiero non descrivono più una situazione attuale, si rivolgono a chi camminerà lungo quella strada dopo di lui. Il Corpo che secondo alcuni è "vita" in realtà è simbolo di una vita fisica che non esiste più, dissolta da tempo e portata via dal volo libero dello Spirito che non descrive più una traiettoria terrena, ma percorre le trame invisibili del tempo e dello spazio rivolgendo lo sguardo sempre più spento e misterioso verso un punto lontanissimo, che solamente lui è in grado di visualizzare. Cammina in mezzo a noi il Corpo di chi non c'è più, e vola sopra di noi lo Spirito di chi ha già deciso che la sua avventura terrena avrà un momento di dissoluzione fisica sepolcrale e scenografica, come a volere lasciare una traccia eterna di chi ha trascorso gli ultimi momenti a scrivere un messaggio destinato a sfidare il Tempo e lo Spazio, e di congiungere idealmente la Terra e l'Infinito
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