Dal punto di vista burocratico è "la proposta di legge numero 2327 del 8 gennaio 2020, depositata alla Camera dei Deputati, primi firmatari i parlamentari del Partito Democratico Stefano Lepri, Maurizio Martina, Andrea Orlando, Debora Serracchiani, Chiara Gribaudo". E' uno dei molti papiri che giacciono inerti in Parlamento, era stato presentato prima della emergenza sanitaria "Corona Virus" e ha un pregio: si tratta di una di quelle proposte che nel momento storico in cui furono presentate era stata quasi accantonata perchè sembrava troppo ideologica oppure addirittura demagogica, poi all'improvviso accade un evento di dimensioni catastrofiche come una pandemia che devasta l'intero pianeta (e in modo particolare proprio l'Italia, nelle sue Regioni più produttive come il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, la Toscana, le Marche e l'Emilia Romagna) e accade che quella proposta potrebbe rappresentare "la soluzione" (a costo zero) di uno dei problemi più drammatici che dovremo affrontare dopo l'estate, la crisi economica e le conseguenze micidiali della stessa, come la probabile chiusura di diverse partite I.V.A. (soprattutto piccole imprese e piccoli esercizi commerciali) oltre alla perdita di diverse migliaia di posti di lavoro, che saranno la diretta conseguenza della chiusura oppure della crisi di diverse aziende.
Quella proposta di legge è un papiro, deve essere semplificata togliendo di mezzo i soliti orpelli burocratici, i panegirici e i bizantinismi inutili (oltre che futili) in cui di solito gli esponenti del Partito Democratico eccellono (si fa per dire...) ma contiene un principio che può salvare diversi posti di lavoro: inserire "come regola" (e non più "come eccezione") l'incentivazione ai contratti di lavoro "part time" (si parla ad esempio di settimane di lavoro di 30 ore) mettendo sul piatto il taglio di quattro punti percentuali del "cuneo fiscale e contributivo" (da dividersi equamente tra impresa e dipendente, due punti percentuali in più nella busta paga del dipendente e i contributi I.N.P.S. a carico dell'azienda tagliati di due punti percentuali) e la penalizzazione delle ore straordinarie oltre le quattro ore settimanali. Nella proposta è anche scritto che per la Pubblica Amministrazione le settimane lavorative a 30 ore dovranno essere "la regola" e non l'eccezione, e tutto questo (se viene saggiamente "impacchettato" e migliorato con ulteriori incentivazioni allo "smart working", al lavoro da casa e alle riunioni e corsi di aggiornamento da svolgersi in gran parte con il metodo delle video conferenze) consentirà alle aziende e alle Pubbliche Amministrazioni in crisi "dopo Corona Virus" di avere la possibilità di ridurre il costo del lavoro dipendente senza ricorrere per forza ai licenziamenti di massa, ma riducendo gli orari di lavoro alla gran parte dei loro dipendenti e concordando con le parti sociali una nuova redistribuzione generalizzata di orari, mansioni e modalità di lavoro (con alternanza tra presenza fisica in ufficio e "smart working" oppure lavoro da casa per gli impiegati amministrativi).
Lasciando perdere gli aspetti economici e ideologici (oltre che demagogici) della proposta, il valore reale della stessa va oltre i tecnicismi di qualche punto percentuale in più o in meno di contributi, e si chiama "recupero del tempo libero a disposizione delle persone". Lavorare 30 ore settimanali anzichè 40 ore comporta la rinuncia (economica) ad una parte dello stipendio (che sarebbe parzialmente attenuata da due elementi, il primo è il taglio di quattro punti percentuali dei contributi I.N.P.S. inserito nella proposta di legge, il secondo è il fatto che la riduzione degli stipendi lordi per alcuni dipendenti comporterà la discesa sotto i 24.000,00 euro annuali e quindi darà diritto a percepire "il bonus Renzi" di 80,00 euro mensili e quindi di 960,00 euro netti annuali a persone che ne erano escluse perchè avevano stipendi lordi, ad esempio, compresi tra i 27 e i 32 / 33 mila euro annuali) e in prospettiva un minor ammontare della propria pensione (ma molti dipendenti si sono già preoccupati per tempo di questo problema, destinando il proprio T.F.R. oppure una quota di qualche centinaia di euro mensili ai fondi di previdenza complementare bancari e assicurativi, al fine di integrare a fine carriera la pensione I.N.P.S., beneficiando negli anni del versamento delle agevolazioni fiscali della deduzione di queste somme dal loro reddito imponibile), ma mai come in questo momento e nell'attuale contesto e scenario in cui viviamo diventa essenziale per sè stessi, per la propria famiglia, per il mondo del volontariato e delle associazioni sportive che nella fase di ricostruzione dopo la catastrofe avrà bisogno di un numero sempre maggiore di adesioni, godere di un numero maggiore di ore a disposizione da dedicare alle proprie attività ricreative, sportive, culturali, religiose e sociali. La ricchezza (quella vera) non è data solamente dalla quantità di denaro a disposizione (che è un elemento importante ma è solo "materiale" e non contiene nulla di "spirituale" in sè stesso) ma anche dalla qualità della vita, dal tempo libero; ed è anche in questa prospettiva che il Gufo auspica caldamente che il 18 maggio diventi "reale" anche la riapertura delle Chiese, dei musei e delle biblioteche. Abbiamo in Parlamento una proposta di legge giacente, ebbene il Parlamento ha l'occasione di riprendere a lavorare (fregandosene dei D.P.C.M. di Conte e non perdendo ore preziose e inutili a correre dietro ai moduli delle autocertificazioni e a tutte le pagliacciate immonde a cui abbiamo dovuto assistere nel periodo del "lockdown totale" come le multe ai bagnanti solitari della spiaggia e gli inseguimenti ai runners solitari dei parchi) occupandosi proprio della materia del "lavoro", che è essenziale per riorganizzare su basi un po' più solide e stabili questa società devastata dalla pandemia. Il Gufo auspica che per una volta in questa sventurata nazione possa prevalere l'analisi "nel merito" di una proposta di legge, e non la trombonata secondo la quale se essa è presentata da un altro partito oppure da un avversario politico è per forza da respingere, da boicottare, da silurare senza nemmeno discutere cinque minuti e tentare di capire se era meritevole di essere approvata, e magari anche migliorata
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